Situata in una posizione spettacolare quanto inusuale, isolata sul bordo di una spiaggia, l’architettura si presenta come una composizione di volumi irregolari visivamente appoggiati su un leggero basamento rivestito in legno: la sua ricchezza non risiede tanto nell’immagine generale, quanto nella variazione di esperienze spaziali che propone all’interno.
Pochi ma sottili accorgimenti rendono infatti ogni spazio fortemente caratterizzato e influiscono direttamente sulla percezione dell’osservatore.
Lo stesso ingresso è nascosto da un muro che interrompe la volumetria dell’edificio, così come questa nasconde il continuo fluire dell’orizzonte con una cesura caratterizzata. Il visitatore accede dunque allo spazio interno come in un percorso di scoperte successive, attraverso l’ingresso dentro fino alla sala principale e da qui al mare, in una successione di interni, esterni e spazi filtro che arricchiscono la normale fruizione.
La libreria ospita una sala lettura, uno spazio per la meditazione, una stanza polivalente, area relax e un bar, ed ogni spazio è stato basato su una concezione spaziale differente e individuale, determinata prevalentemente dal suo sviluppo in sezione.
La sala di meditazione risulta schiacciata da un volume curvo che distribuisce la luce soffusa all’interno, lasciando scoperta solamente una porzione del muro di fondo, proiettato verso la vista dell’orizzonte. La sala principale è una gradonata affacciata sul mare, un anfiteatro rivolto al paesaggio in cui la copertura ricurva, appena forata da una serie di lucernari circolari, sembra proprio aprirsi ed invitare all’esterno.
La facciata posta di fronte al mare in effetti utilizza un trattamento opposto rispetto al fronte di accesso: tripartita in registri di fasce lineari, quella a contatto con il terreno permette la totale apertura verso la spiaggia, la seconda incornicia fotograficamente la vista, mentre l’ultima, che nasconde al suo interno la grande reticolare metallica, è caratterizzata da un rivestimento in mattoni di vetro artigianali, simili a quelli già introdotti da Hiroshi Nakamura nella cortina esterna della sua Optical Glass House. Uno stesso materiale, il vetro dunque, ma trattato in tre modi differenti, che sono anche tre modi di intendere e confrontarsi con il senso della vista.
Il calcestruzzo interno invece, appositamente sperimentato con attenzione per richiamare concettualmente attraverso l’impronta delle casseforme lignee il gioco delle orme sulla sabbia, è all’opposto un elemento ‘caldo’, che si rivolge al tatto nella sua materialità.
Fedeli a un’idea di architettura come spazio da essere vissuto piu’ che guardato, i cinesi Vector Architects propongono un edificio intimista nella sua concezione, e quindi pienamente umano.
Crediti fotografici: Vector Architects, He Bin, Xia Zhi, Sun Dongping