THE CUBE -

“Una sorta di città nella città”, condensata nella geometria che meglio sintetizza la capacità di addensare, raggruppare e concentrare differenti funzioni tradizionalmente diffuse sul suolo urbano: un cubo, una enorme scatola dai lati uguali dotata di 23 piani di altezza che ospita uffici, appartamenti, spazi commerciali, un hotel, un ristorante panoramico, parcheggi automatizzati ed un centro benessere.
La caratteristica volumetrica definisce univocamente il progetto di Birmingham dello studio Make Architects, dal momento che l’edificio è ormai conosciuto proprio con il nome di “The Cube”: così, per fare qualche cenno ironico, è ormai registrato su Wikipedia e pubblicizzato nei book delle agenzie immobiliari incaricate di venderne gli spazi. 
L’architettura di Ken Shuttelworth, titolare dello studio londinese, si configura come un’icona all’interno del tessuto della cittadina inglese, dove riqualifica un sito di proprietà della società Mailbox per tramutarlo in un nuovo centro nevralgico, in un cuore programmatico di nuova generazione. 
Tutto è racchiuso entro una forma che solo nominalmente si può definire uniforme: la struttura esatta è fissata in termini di limite, ma la configurazione spaziale, il rapporto tra pieni e vuoti, la definizione dell’involucro edilizio rompe qualsiasi simmetria connaturata alla geometria indicata. Una corte aperta costituisce il nucleo del cubo, ne diviene una sottrazione grezza di materia manifestata in modo esplicito in corrispondenza di una delle facce della figura. 
Il vuoto, del tutto irregolare, assolutamente dinamico nella successione di sfaccettature vetrate e terrazze che lo costituiscono, si legge attraverso la griglia permeabile e aperta della pelle. Le maglie sono più larghe, la presenza dell’atrio centrale determina una progressiva distorsione dell’involucro che rende immediata la lettura morfologica. 
L’involucro del “The Cube” è reminiscenza del contrasto tra la pesante lavorazione del metallo e il minuto lavoro di orologeria e gioielleria che da sempre hanno contraddistinto Birmingham: l’intreccio, così come la cromia scelta, appartengono al mondo dei maestri orafi; la gravità, i materiali impiegati, alla tradizione industriale. Ken Shuttelworth, con la consulenza di Buro Happold, progetta il rivestimento in lastre di alluminio anodizzato di colore oro e bronzo, materiale selezionato per la durata e la forte resistenza agli agenti atmosferici. Dotati di differenti dimensioni e diverse profondità, i pannelli cromati, insieme ai serramenti, formano un puzzle composito ed articolato, dove ogni pezzo, che può essere rimosso e nuovamente posizionato in caso di usura, riflette la situazione atmosferica, assorbendo e restituendo le condizioni al contesto. Il rapporto tra quantitativo di pieni opachi e lastre di vetro è determinato dall’orientamento dei prospetti del complesso: a sud il fronte è decisamente massivo al fine di impedire un eccessivo surriscaldamento conseguente all’irradiazione solare; ad est e ovest, caratterizzato da un rapporto più equilibrato; a nord, quasi interamente vetrato. 
Al guscio eterogeneo ed eclettico, ora permeabile ora chiuso, si contrappone un coronamento trasparente, giocato su linee spezzate ed oblique che proietta, oltre i gli statici perimetri della figura geometrica, la natura dinamica del suo interno. 

Crediti fotografici: Make Architects
Nazione:
Tipologia: MIXED USE
Progettista Architettonico: MAKE ARCHITECTS
Status: REALIZZATO
Inaugurazione: 2010
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