Il progetto, che si inserisce nella più ampia riqualificazione dell’’area compresa tra l’ex caserma Montelungo e l’Accademia Carrara, prevede la riconversione dell’odierno palazzetto dello sport di via Pitentino in un nuovo polo espositivo capace, da un lato, di confermare il ruolo dell’edilizia pubblica nelle mappe mentali dei cittadini, e dall’altro, invece, di reinventare la struttura attraverso un nuovo programma e uno spazio urbano interno.
L’intervento non prevede demolizioni ma un’accurata operazione di retrofit, così come la definiscono i progettisti, nel rispetto della memoria dell’edificio.
“Con il termine retrofit si intende l’attività di addizione di nuove tecnologie/funzionalità ad un sistema (sia esso un’automobile, edificio, ecc.) vecchio, così da prolungarne la vita. Abbiamo ereditato dal passato edifici di dimensioni e strutture generose e che oggi con difficoltà potremmo permetterci di realizzare. Abbiamo risorse limitate e meno abbondanza di suolo da consumare, in quanto proprio il suolo è una risorsa non rinnovabile. Crediamo sia necessario valorizzare edifici antichi e sistemi urbani obsoleti in quanto spazi speciali a disposizione delle comunità, banche di energia e di materie prime, risorse invece che problemi da risolvere. Il retrofit è uno strumento resiliente per tradurre il passato più o meno recente e trasformarlo in una risorsa per la comunità. La trasformazione del palazzetto dello sport nel nuovo GAMeC è una di queste eredità che si trasforma in potenzialità, alla scala urbana, alla scala architettonica e alla scala dell’esperienza fisica dei cittadini” – hanno raccontato Cappai e Segantini.
Il progetto di retrofit per l’edificio, realizzato negli anni Sessanta di forma ellittica e caratterizzato da strutture verticali in cemento armato, si concentra sulla possibilità di trasformare radicalmente la struttura interna demolendo le gradinate ma mantenendo intatta la cintura di pilastri che descrivo la forma della del complesso.
In quest’ottica “il progetto diventa un ponte tra passato e futuro: da un lato mantiene una forte traccia delle strutture originali e dall’altro inventa un nuovo spazio per accogliere il museo di arte contemporanea GaMeC. Le strutture interne esistenti verranno lasciate al grezzo mantenendo la materialità del cemento facciavista e le tracce delle sue trasformazioni”.
Appoggiato su una piattaforma leggermente rialzata rispetto al livello della strada, il nuovo Museo si raccorda con quest'ultima attraverso un sistema di rampe che garantiscono la sua completa accessibilità.
Sul volume ellittico superiore, in lastre curve di acciaio zincato, si appoggia una lanterna traslucida di coronamento che ospita un bar/ristorante aperti verso una terrazza panoramica.
Il foyer, un corpo proiettato verso l’esterno, è stato concepito come uno spazio free floor, a disposizione per attività ricreative, commerciali ed espositive per piccole collezioni.
All’interno viene lasciata a vista la materialità del museo con le sue pareti originali in mattoni riportati facciavista, con i segni dei tagli delle tribune e dei solai preesistenti, richiamando la memoria dello spazio originale, che dialoga con il nuovo volume inserito al centro dello spazio: un volume traslucido sospeso che ospita le sale espositive dei piani superiori, accessibili grazie ad una scala monumentale.
La trasparenza delle pareti perimetrali delle sale espositive è consentita dall’utilizzo di un sistema modulare di policarbonato alveolare che garantisce la diffusione della luce all’interno delle sale e un adeguato isolamento acustico.
Ma il nuovo museo “non è solo un contenitore per l’arte, ma anche una macchina per guardare Bergamo dall’alto, grazie a questa terrazza panoramica che in qualche modo ricuce tutta la vista dopo il percorso che uno ha fatto all’interno del progetto. La terrazza che dà sui tetti di Bergamo è la conclusione di questo percorso che ci porta attraverso la memoria dell’edificio, dentro l’arte, e poi finalmente a vedere la città”.
Crediti fotografici: C+S Associati