’immobile esistente, noto come ex “fabbrica Pastore”, risaliva al 1927 e negli anni è stato oggetto di ampliamenti e ricostruzioni, assumendo dagli anni ‘50 la configurazione odierna. Conservando le gerarchie compositive tipiche dell’architettura industriale – marcatura orizzontale del cornicione, scansione regolare delle lesene verticali, disegno geometrico delle finestre e zoccolatura in pietra – il progetto apre una nuova relazione a livello pedonale tra lotto e contesto, demolendo i locali già adibiti a servizi generali della fabbrica su corso Novara. L’arretramento del fronte crea uno spazio aperto che invita alla sosta e pone in continuità la strada e il complesso. Ad accentuare tale dialogo è la grande pensilina che segue su due lati lo spazio aperto su corso Novara.Bombardato nel 1943 è stato ricostruito nel 1950. Dopo l’acquisizione da parte della Benedetto Pastore, storica azienda torinese produttrice di sistemi di sicurezza, tra la fine degli anni cinquanta e l’inizio degli anni settanta viene ampliato e sopraelevato di un piano. Lo spostamento della produzione al di fuori di Torino porta l’abbandono del complesso, che dalla fine degli anni ottanta del Novecento è uno dei più imponenti contenitori ex industriali dismessi che sorgono in questo quadrante di città, insieme alla vicina ex Nebiolo e al Mercato all’ingrosso dei Fiori. All’interno di un lotto di 10.600 mq, l’ex stabilimento Pastore occupa i tre quarti dell’isolato compreso tra corso Novara, via Perugia, via Padova e via Pedrotti, suddiviso in fabbricati che, eretti nel corso di decenni, hanno ospitato la produzione e gli uffici.
Queste dimensioni ragguardevoli, insieme a una significativa presenza urbana caratterizzata dal lungo e uniforme fronte rivolto a est, hanno rappresentato la prima grande sfida progettuale. I volumi in cui si articola il complesso in partenza sono due. Una grande L terra adagia le sue maniche con i fronti compatti lungo le vie Perugia e Padova, con una testata su corso Novara. I livelli fuori terra sono tre per 4.500 mq per ognuno, chiusi superiormente da una copertura piana. L’ampia corte centrale è occupata da un esteso fabbricato a un piano fuori terra, i cui 5.500 mq sono invece composti da due volumi affiancati chiusi da una copertura a shed. Rivolta verso corso Novara, la palazzina uffici costituisce l’ingresso al complesso, protetta dal muro esterno rivestito di tessere di mosaico azzurre. L’estetica è naturalmente industriale, all’esterno e all’interno. I fronti su strada, unitari ma disomogenei all’angolo tra corso Novara e via Perugia, sono una continua successione di ritmiche aperture finestrate incorniciate da elementi strutturali che non lasciano spazio alla decorazione. Il sistema portante è costituito da uno scheletro in cemento armato realizzato in opera.
Il progetto architettonico dell’Involucro
L’articolato intervento di ristrutturazione del complesso industriale ha costruito un insieme di funzioni ricettive e commerciali. L’eliminazione di componenti non coerenti con il disegno originale, la demolizione della manica sul fronte di corso Novara e la ricostruzione puntuale dei caratteri originali dei prospetti e delle geometrie della copertura, sono i passaggi più importanti della elaborazione del progetto per la nuova identità dell’isolato.
Il progetto architettonico realizza una trasformazione compatibile che infatti non snatura l’edificio di partenza, ma ne evidenzia il carattere, in pieno accordo e rispetto dei vincoli imposti dalla storia ma non dalla tutela. Oltre a riprogettare completamente gli interni e impostare i nuovi volumi, lavora in modo importante ma discreto sull’esterno. Sceglie di dialogare in modo continuo con la Soprintendenza per coniugare le esigenze del restauro conservativo con le necessità dell’efficientamento energetico, trasformando una criticità in opportunità. Un involucro datato e poco performante, sia dal punto di vista formale che energetico, è stato rivestito da un cappotto continuo che, posato sulla sua faccia esterna, è divenuto occasione per uniformare i fronti e rendere più coerente e pulita la presenza urbana del nuovo complesso Regio Parco.
I pannelli riprendono e ridisegnano la partitura e la suddivisione verticale e orizzontale originale, evidenziandola con un uso del colore che sceglie efficacemente le tonalità del grigio.
Il progetto mantiene l’attacco a terra originale, costituito da un lungo zoccolo in pietra i cui i vecchi segni del tempo diventano parte integrante del nuovo. Le grandi aperture, una per stanza, ricorrono a un vocabolario che attinge motivi e materiali da un linguaggio industriale aggiornato.
Mantengono dimensioni e distribuzione originarie ma vengono bipartite per seguire la nuova organizzazione interna.
Sono posati nuovi serramenti dal telaio in alluminio grigio-marrone che, in parte fissi e in parte mobili, isolano e permettono il ricambio dell’aria con due tipologie di aperture, a vasistas e a battente. L’alluminio del telaio prosegue all’esterno con la lamiera verniciata che riveste i davanzali, a protezione delle strutture murarie esistenti e del nuovo stato di coibentazione. Lamelle motorizzate inclinabili permettono l’oscuramento dell’interno.
Il Recupero strutturale e le criticità risolte.
Le Norme Tecniche per le Costruzioni 2018 e le successive Circolari Esplicative del gennaio 2019, definiscono i livelli di sicurezza statica e sismica, per fabbricati che hanno un livello di degrado esteso e “profondo”. Il lotto originariamente occupato dal capannone con copertura a shed si è rivelato capacitivamente e funzionalmente inadatto al recupero, dando quindi origine alla realizzazione di nuove strutture contemporanee. Il calcestruzzo armato tradizionale con fondazioni a platea, pilastri, setti e piastre ortotrope di solaio è stato impiegato nel parcheggio multipiano. Il calcestruzzo armato precompresso è invece stato utilizzato nel nuovo volume commerciale.
Il secondo lotto ha visto invece un consolidamento integrale delle originarie strutture a telaio delle maniche perimetrali per adeguarle alle norme vigenti. Le soluzioni adottate sono studiate ad hoc per le diverse situazioni: anche la tecnologia degli interventi nell’ambito del recupero è oggi oggetto di dibattito, perché ogni sistema presenta vantaggi e svantaggi che devono essere raffrontati con le condizioni operative. Nel caso del complesso ex Pastore, dal punto di vista statico si è optato per interventi differenziati ma di tipo tradizionale, che hanno compreso “incamiciature” e cerchiature in cemento armato e l’accoppiamento delle orditure e degli impalcati dei solai a profilati in acciaio poi protetti ai fini della prevenzione incendi.
Risolta la carenza capacitiva nei confronti dell’azione verticale, alla domanda sismica è stata data risposta mediante l’inserimento di setti di controvento in cemento armato e delle relative fondazioni. La soluzione mista è stata una scelta anche legata alla compatibilità con una struttura tradizionale esistente e alla durabilità dell’intervento, poiché gli esiti prestazionali e conservativi sono più certi nel tempo rispetto a soluzioni meno convenzionali, come l’utilizzo nei consolidamenti di polimeri fibro-rinforzati. Ma si tratta anche di una saggia scelta operativa, mirata a un rapido e simultaneo avanzamento delle lavorazioni su più fronti, onde garantire la realizzazione delle opere nel rispetto dei ristretti tempi previsti.