Il team nel 2001 aveva vinto il concorso internazionale di progettazione finalizzato alla realizzazione di una nuova ala espositiva da annettere all’edificio disegnato nel 1899 da Dalton, Van Dijk, Johnson & Partners di Cleveland, come sede di un ufficio postale.
L’ambizioso progetto nel 2005, mentre era ancora in costruzione, ha ricevuto il premio di architettura del Chicago Athenaeum.
Il museo incarna le più avanzate teorie in fatto espositivo: frammistione materica, connettività, virtualità e flessibilità spaziale sono i paradigmi su cui si fonda il progetto. La struttura costituisce uno spazio ibrido che accoglie funzioni diverse per vocazione formale, contenuti estetici e tecniche costruttive. Il museo ospita un’ampia raccolta di arte americana e internazionale, tra cui Chuck Close, Andy Warhol, Donald Judd, Sol LeWitt, Frank Stella ed El Anatsui.
Il progetto, avviato nel 2004, include un atrio di tre piani rivestito in vetro e denominato “Crystal”; l’area espositiva vera e propria, la “Gallery Box”, che ospiterà collezioni permanenti e mostre temporanee; il“Roof Cloud”, una pensilina di oltre 90 metri con armatura in ferro che abbraccia l’edificio preesistente.
L’atrio vetrato ha la funzione di ingresso e di luogo di connessione tra i diversi spazi della vecchia e della nuova struttura: costituisce l’elemento di raccordo formale e organizzativo dell’intero complesso. Lo spazio si configura come un foyer ampio e flessibile, pensato per ospitare ricevimenti, eventi e manifestazioni artistiche.
Congedata l’idea tradizionale di una sala ricevimento come luogo chiuso e isolato, il team viennese ha realizzato un luogo visibile e accessibile al pubblico. Il locale è esplicitamente pensato per enfatizzare le componenti energetiche e ambientali dell’edificio: il rivestimento vetrato e riflettente consente la massima penetrazione della luce naturale negli spazi interni, mentre il tetto a sbalzo protegge la facciata esposta a sud dai raggi solari diretti.
La copertura, infatti, funge come una sorta di sistema di schermatura della luce naturale. L’ambiente è diviso in zone microclimatiche differenziate: queste aree sono state determinate mediante l’analisi dei flussi potenziali dei visitatori.
L’area espositiva, la cosiddetta Gallery Box, si configura come un ampio spazio dotato di pochi pilastri che permette di creare disposizioni flessibili interne. La pavimentazione dell’atrio e della galleria è realizzata in lastre di cemento con tubi riempiti di acqua che contribuiscono al raffreddamento e al riscaldamento della struttura.
L’illuminazione naturale è stata completamente eliminata per evitare qualsiasi problema di degrado fotochimico dei manufatti esposti. Sono presenti solo sorgenti di luce artificiale, con filtri di controllo dell’immissione di radiazioni infrarosse.
La copertura, che si sviluppa a sbalzo oltre la pianta dell’edificio, crea un involucro che quasi nasconde il volume del museo. Oltre a coprire gli spazi interni e ad assicurare zone d’ombra all’esterno, il Roof Cloud si configura come nuovo landmark della città.
Crediti fotografici: Roland Halbe.