Come un iceberg argenteo, la nuova Harpa – Reykjavik Concert Hall and Conference Center galleggia silenziosamente sulla baia del golfo Faxaflói della capitale dell'Islanda. Il gelido e solido blocco traslucido è immobile sulla superficie dell’Oceano Nord Atlantico; emerge dalla sua estensione liquida statica, acquistandone il carattere inerte. La massa ghiacciata del nuovo complesso musicale è frastagliata come fosse un cristallo, ma il profilo discontinuo dei volumi architettonici non è in questo caso sinonimo di dinamicità. Il progetto di Henning Larsen Architects, che sarà ufficialmente inaugurato il 4 maggio 2011, è monolitico; una caratteristica non certo raggiunta grazie all’utilizzo di forme geometriche semplici o tantomeno pure. I parallelepipedi sono inclinati, le facciate piegate con differenti pendenze. I contenitori dell’esteso programma funzionale richiesto ricordano un caso affine realizzato una decina di anni fa a nord della Spagna, il Kursaal di Rafael Moneo. Entrambi i progetti giocano sulla metafora dell’ossimoro per delineare volumi dai silenzi eloquenti: trasparenze opache e unitarietà frammentata sono sintetizzati entro le sagome di queste architetture che tentano di divenire parte del sito in cui sono collocate, del paesaggio naturale circostante. E che proprio per questa loro simbiosi acquistano il ruolo di punto di riferimento, fondamentale per la ridefinizione e l’evidenziazione di nodi strategici del tessuto urbano. Così La Harpa – Reykjavik Concert Hall and Conference Center è un elemento nevralgico del circuito pubblico della capitale e restituisce una piazza aperta in prossimità dell’ingresso ed un foyer accessibile, una sorta di anello intorno alla sala concerti principale. L’auditorium maggiore, una spaziosa sala di ingresso, sale riunioni, bar, ristoranti, sono delimitati dalla facciata cristallina ideata dall’artista danese Olafur Eliasson in collaborazione con Henning Larsen Architects. La pelle è concepita come una complessa maglia metallica tridimensionale, un guscio mutuato dalle immagini delle colonne di basalto tipiche islandesi, una rete a nido d’ape nella quale sono contenute le piastre di vetro colorate irregolari. L’illuminazione notturna non fa che tramutare l’involucro caleidoscopico in un corpo dotato di un chiarore diffuso, omogeneo e tenue. E si ritorna all’iceberg, al suo bagliore argenteo, alla sua fredda e seducente presenza.