Dopo Balkrishna Doshi, primo architetto indiano a ricevere il riconoscimento, è il visionario progettista, urbanista e teorico giapponese ad aggiudicarsi quest’anno il Nobel per l’architettura, per la sua capacità “di superare la struttura dell’architettura per sollevare domande che trascendono le ere e i confini”.
Nato nel 1931 a Ōita, Arata Isozaki si laurea nel 1954 presso l’Università di Tokyo muovendo poi i suoi primi passi nello studio di Kenzō Tange, suo maestro.
Attivo dagli anni Sessanta, con la fondazione a Tokyo del suo studio Arata Isozaki Atelier, oggi Arata Isozaki & Associates, l’architetto ha realizzato nel corso del tempo oltre cento edifici pluripremiati affiancando all’idea di progetto il ricordo del bombardamento atomico del 1945 nella vicina Hiroshima – “Sono cresciuto in un luogo raso al suolo. Era in completa rovina, e non c’erano architetture, edifici e nemmeno una città. Solo baracche e rifugi. Quindi, la mia prima esperienza di architettura è stata il vuoto dell’architettura, e ho iniziato a considerare come le persone potrebbero ricostruire le loro case e città”.
Per la giuria, presieduta quest’anno da Stephen Breyer, André Aranha Corrêa do Lago, Richard Rogers, Kazuyo Sejima, Benedetta Tagliabue, Ratan N. Tata, Wang Shu e Martha Thorne, Arata Isozaki è “una delle figure più influenti nell’architettura mondiale contemporanea. La sua architettura si basa su una profonda comprensione, non solo dell’architettura stessa, ma anche della filosofia, della storia, della teoria e della cultura”.
L’architetto giapponese verrà premiato nel corso di una cerimonia ufficiale che si terrà in Francia, allo Chateau de Versailles, il maggio prossimo. La cerimonia sarà accompagnata da una conferenza di Arata Isozaki a Parigi.
Come tutti i Pritzker Laureates Isozaki riceverà un premio di 100 mila dollari, una pergamena e una medaglia in bronzo (che, dal 1987, viene consegnata ai vincitori, al posto della scultura di Henry Moore che veniva consegnata in precedenza).