Moisture Buffering

L’esigenza di contenimento dei consumi energetici e delle emissioni di gas serra, promossa in seguito al Protocollo di Kyoto (in vigore dal 16 febbraio 2005), ha indotto gli Stati Europei ad adottare legislazioni e strategie volte a migliorare le prestazioni termiche degli edifici. 
Nella pratica costruttiva ormai corrente anche nel nostro Paese, gli adempimenti al quadro normativo sul risparmio energetico (D.Lgs. 192/2005, D.Lgs. 311/2006, D.P.R. 59/2009, D.M. 26/06/2009), si traducono principalmente nella riduzione della trasmittanza termica e della permeabilità all’aria dell’involucro. Ne deriva un utilizzo di consistenti spessori di materiale isolante in pareti e copertura e di componenti vetrati altamente performanti, come anche imposto dalla certificazione obbligatoria dei serramenti con marcatura CE a partire dal 1° febbraio 2010. Tali provvedimenti, se da un lato aumentano notevolmente la prestazione energetica degli edifici, rischiano d’altra parte, se non si adottano specifiche strategie impiantistiche, di rendere gli edifici scarsamente permeabili all’aria e quindi soggetti a notevole innalzamento dei livelli di umidità relativa ambientale interna. 
Il fenomeno determina un notevole peggioramento della qualità dell’aria interna, con conseguenze rilevanti sul comfort respiratorio degli abitanti, sull'umidità della pelle, sulla percezione di benessere. Inoltre, elevati livelli di umidità relativa ambientale possono causare il deterioramento dei materiali da costruzione e la proliferazione di muffe e organismi biologici. Basti pensare ai numerosi esempi di edifici di recente costruzione o soggetti ad una ristrutturazione dell’involucro, che dopo pochi mesi di esercizio manifestano uno sviluppo repentino di muffe.

Pubblicato su Modulo 386, novembre/dicembre 2013