I processi di recupero del costruito storico sono notoriamente caratterizzati da elevati livelli di complessità, in particolare nella fase di qualificazione preliminare, quando è necessario collazionare e gestire tutte le informazioni disponibili sulle caratteristiche morfo-tipologiche e materico-costruttive, sullo stato di conservazione e sulle modificazioni avvenute nel tempo, al fine di indirizzare interventi manutentivi e conservativi appropriati.
Difatti, in questa fase, possono confluire dati diversificati per fonte (riferimenti bibliografico-archivistici, osservazioni dirette, misure sperimentali, elaborazioni analitiche), per ambito (contesto ambientale, fabbricato, componenti, modelli d’uso) e per contenuti multidisciplinari di tipo sia architettonico-ingegneristico che storico-critico. Peraltro, i dati possono riferirsi a periodi anche molto distanti fra loro, amplificando sulla scala dei tempi il rischio di dispersione e disarticolazione del quadro conoscitivo complessivo. Tali criticità sono da sempre rilevate dagli operatori del settore, ma sono state inasprite, in tempi recenti, dall’emergenza epidemiologica da Covid-19 a causa della ridotta mobilità, che ha
In questo ambito, un ruolo chiave può essere senz’altro svolto dalle sempre più diffuse e avanzate tecnologie per la creazione di modelli digitali e di ambienti virtuali, dal momento che questi rispondono ad una serie di esigenze complementari: la rappresentazione di un bene in tutte le sue caratteristiche geometriche, materiche e tecniche, con possibilità di osservazione e interrogazione da remoto; l’implementazione e consultazione di dati multi-scalari e multi-tematici in un unico sistema centralizzato di analisi; lo scambio di documenti e informazioni fra gli attori coinvolti nel processo con approccio trasparente e collaborativo.
Fra le diverse tecnologie disponibili per la modellazione digitale 3D di un manufatto, occorre in primo luogo distinguere quelle di tipo reality-based, ovvero basate sul rilievo diretto del bene con sensori attivi (ad es. laser scanner, stazione totale, GNSS - Global Navigation Satellite System) o passivi (ad es. topografia, fotogrammetria) da quelle computer-based, in cui le volumetrie sono restituite con strumenti di disegno assistito e grafica computerizzata.
Alla prima categoria sono ascrivibili, come detto, i metodi di fotogrammetria digitale, sia terrestre che aerea da drone, che si fondano sull’acquisizione di un numero esteso di immagini con diverse finalità: dalla fotografia sferica, che proietta idealmente su una sfera una serie di fotografie, preventivamente mosaicate, per offrire la percezione tridimensionale di uno spazio da un punto di osservazione fisso coincidente con il centro (Fig.1) fino alla modellazione tridimensionale vera e propria, che deriva dalla elaborazione di una sequenza di fotografie per generare una nuvola di punti, in cui ogni punto è descritto dalle coordinate x-y-z di posizione nello spazio e dalla combinazione di valori RGB (Red – Green – Blue) associata al colore (Fig.2).
Alla seconda categoria appartengono, invece, i metodi di modellazione parametrica BIM (Building Information Modelling) e, nel caso di fabbricati storici, HBIM (Historic/Heritage Building Information Modelling), in cui i manufatti sono rappresentati attraverso l’utilizzo di oggetti 3D corrispondenti a componenti edilizi e architettonici con specifiche funzioni e relazioni con gli altri componenti (Fig. 3). Gli oggetti, aggregati a ricostruire l’intero fabbricato in un ambiente tridimensionale, sono associati a parametri di tipo sia geometrico che alfanumerico, questi ultimi riguardanti informazioni strutturali, energetiche, manutentive e gestionali all’interno di una banca dati, che risulta interrogabile e aggiornabile in ogni stadio di conoscenza, analisi, diagnosi e intervento, in ragione dell’ottimizzazione dei processi decisionali.
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