Il nuovo edificio sviluppa la sua espressione concisa e monumentale a partire da un’interpretazione dei materiali e della qualità introspettiva che caratterizzano gli edifici storici adiacenti. Verso la strada presenta una parete lunga 60 m che, come quelle laterali, è di muratura portante, ma con un carattere complessivamente più raffinato. Ogni mattone rosso scuro fatto a mano è posato sullo spigolo tra due facce, in modo da formare una fitta superficie a losanghe. Alludendo ai metodi di costruzione romani, il trattamento conferisce alla facciata una qualità decisamente antica, ma è realizzato con una precisione e una delicatezza che ricordano anche la concezione di Gottfried Semper della facciata come forma di tessuto costruito. Offrendo un complemento all’infilata assiale dell’edificio precedente, fatta di spazi omogeneamente illuminati in modo naturale, Torzo ha concepito le nuove gallerie come una costellazione di stanze di proporzioni e illuminazione drammaticamente contrastanti. L’effetto di formare un insieme di stampo urbano è fortemente suggerito dalla prima stanza che incontriamo, un volume che sale gradualmente, simile a una strada che occupa l’intera lunghezza e altezza della facciata principale. Il piano che si apre successivamente è limitato da lunghe viste diagonali, animate da colore e intensità dell’illuminazione variabili da una stanza all’altra. La complessa finitura a cassettoni incorporata in situ nei soffitti di cemento offre un ulteriore mezzo di articolazione, e registra la non ortogonalità di molti spazi. L’effetto complessivo è quello di un mondo chiuso in sé e piuttosto misterioso, ricco di particolarità e di una grandiosità che smentisce il rigido budget dell’edificio.