La nuova stazione, terminal ferroviario della linea ad alta velocità Guangzhou-Shenzhen-Hong Kong, si inserisce all’interno del nuovo West Kowloon Cultural District, un nuovo polo dedicato alle arti e alla cultura realizzato sul masterplan dello studio Foster + Partners nel quale saranno presto completati numerose istituzioni progettate da studi internazionali come l’M+ Museum di Herzog & de Meuron e il Lyric Theatre Complex di Unstudio.
Proprio per la sua collocazione in una zona centrale della città, in quella che si sta configurando sempre più come la nuova “porta d’accesso” di Hong Kong, il Terminal è stato realizzato con l’obiettivo di dare vita a una struttura fortemente identificativa in grado di relazionarsi con il contesto urbano circostante.
Caratterizzata da un tetto curvo e sinuoso calpestabile e verde con vista sulla Victoria Harbour, la stazione è alta circa 50 metri, 25 dei quali interrati e convoglia ben 15 linee ad alta velocità, nove per i treni a lunga percorrenza e sei destinati invece alle percorrenze più brevi.
Le mastodontiche dimensioni dell’edificio, circa 400.000 metri quadrati, che più che a una vera e propria stazione possono paragonarsi a quelle di un aeroporto, hanno permesso la stratificazione delle funzioni su diversi livelli, dalle banchine ferroviarie interrate alla galleria di servizi intermedia che attraversa la struttura per 180 metri di lunghezza fino alla copertura curva e sinuosa che si solleva al di sopra della hall d’ingresso.
Imponenti e sinuose colonne bianche sorreggono la copertura arcuata che ospita un vero e proprio parco urbano ricco di vegetazione, una sorta grande piattaforma panoramica che rende subito il progetto un segno distintivo nel paesaggio urbano.
Il progetto ha fatto largo uso del vetro: sono stati impiegati, infatti, oltre 4.000 lastre di vetro che permettono alla luce naturale di illuminare gli spazi interni, anche sotterranei, e di incorniciare le viste sullo skyline di Hong Kong, rendendo immediatamente evidente ai passeggeri l’identità della città.
Crediti fotografici: Aedas, Kris Provoost, Paul Warchol