Per questa ragione, la facciata è stata pensata come un elemento comunicazionale, che unisce la tradizione costruttiva locale con l’innovazione tecnologica che caratterizza il paese.
E’ concepita come un diaframma luminoso che emette luce a elevata distanza, al fine di valorizzare l’intero quartiere urbano. Le funzioni statiche sono svolte dalla struttura portante in metallo e dal paramento in pannelli sandwich ad alta resistenza termica.
Il rivestimento ha una superficie di circa 5.000 metri quadrati ed è costituito da un mosaico di 3.000 moduli di forma esagonale in policarbonato. Tra di essi, circa 1.900 moduli contengono una matrice regolare di tubi fluorescenti compatti a risparmio energetico che danno origine agli straordinari effetti luminosi.
La disposizione irregolare e le differenti risoluzioni dei pannelli luminosi crea un gioco chiaroscurale differenziato lungo l’intera superficie, che per i toni soffusi si integra pienamente nell’architettura urbana. In questo caso, infatti, l’attenzione non è rivolta al massimo dettaglio tecnologico, quanto piuttosto all’integrazione della facciata mediatica con l’edificio.
Concettualmente, la scelta di moduli esagonali e di lampade fluorescenti richiama il design delle facciate della prima prefabbricazione edilizia. Allo stesso tempo, contiene anche il concetto “futuristico” della facciata come supporto digitale per ospitare messaggi, performances artistiche e comunicazioni pubblicitarie.
I due temi divergenti sono stati uniti attraverso un design integrato che fa della compenetrazione, della sovrapposizione e del mascheramento gli elementi centrali del progetto.
Il concetto è ben diverso rispetto alle facciate LED ad alta luminosità che creano un mega schermo urbano. Questa tipologia di rivestimento, per risoluzione, tipologia di filmati, consumi energetici e costi di installazione è sempre più competitiva con i sistemi di questo tipo. A differenza delle facciate a LED, in questo caso si ottiene una pelle architettonica che dialoga con la città e con l’edificio retrostante.
Crediti fotografici: Tim Griffith, Patrick Bingham-Hall