Kansas City Ballet, Kansas City Simphony e Lyric Opera sono accolte entro i 34.000 mq ideati da Moshe Safdie, entro la complessa e monumentale volumetria posta a cerniera tra il nucleo consolidato e la nuova espansione.
Perno fisico tra le due realtà urbane, il comparto culturale interpreta il contesto adiacente mediante la disposizione planimetrica, la definizione dell’involucro edilizio, la relazione più o meno permeabile con l’intorno, l’imposizione di viste e panoramiche privilegiate.
A sud una lunga parete vetrata, inclinata e continua - che ripiega per divenire copertura - è un diaframma aperto sul paesaggio, uno schermo privo di interruzioni sull’assetto metropolitano diffuso, sullo sprawling di più recente edificazione. L’inquadratura è costante e omogenea; l’articolazione e la dinamicità sono limitate alla pendenza del fronte trasparente.
A nord la forte uniformità e compattezza, la congruente regolarità di una parete complanare, sono stravolte e alterate: costoloni cangianti e metallici, rientranze, sporgenze, profondità e rientri, caratterizzano il fronte antistante i grattacieli della downtown.
Le due sale che emergono, affacciate sul tessuto costellato da verticali, sono enormi conchiglie di acciaio inox, gusci marini aperti a partire dal livello del suolo e ancorati tramite funi di acciaio che assorbono le spinte di trazione. Gli archi sono visibili all’esterno e all’interno degli immensi auditorium, ne caratterizzano la pelle e la morfologia del palcoscenico teatrale: divengono dispositivi estetici e acustici, apparati iconici, ordigni ottimali per la diffusione sonora.
Elaborato grazie ad sistema di software BIM (Building Information technology), l’involucro ricorda la cassa di uno strumento musicale dove la perfezione degli accordi è raggiunta con la collaborazione di Yasuhisa Toyota, o, ancora, un diffusore gigante capace di ospitare 3.400 persone.
Crediti fotografici: Tim Hursley, Michal Ronnen Safdie