La caratterizzazione tanto descritta dai manuali tecnici e dalla letteratura contemporanea di città diffusa è lo scenario comune di molte realtà periferiche, non solo italiane. Che diventano i cosiddetti non luoghi, privi di qualunque elemento di orientamento, dove margini e confini, ambiti e soglie si mescolano senza soluzione di continuità.
Il contesto del concluso intervento del programma “Abitare a Milano – via Senigallia” è il contesto esemplare di dispersione e disomogeneità funzionale e morfologica: un’area contenuta entro i tracciati di infrastrutture quali l’autostrada Milano-Venezia e la superstrada Milano-Meda, dove i servizi di vicinato sono sostituiti da grandi contenitori dal carattere commerciale.
Il progetto di social housing cerca di introdurre nuovi ordini gerarchici che siano in grado di restituire il senso di appartenenza, opponendosi alla tipica metodologia indeterminata.
La strategia dell’intervento si basa in prima battuta sull’attribuzione di confini chiari, di comparti precisi dove gli spazi pubblici e privati generano una sequenza di luoghi di diversa natura: ora alberati, ora lasciati a verde, ora pavimentati, gli spazi denunciano la loro destinazione, imponendosi come condensatori di attività commerciali e servizi per i residenti e gli abitanti limitrofi.
L’edificazione avvolge le porzioni aperte e incorpora una gamma esauriente di tipi edilizi rispondenti ai differenti bisogni espressi dalle diverse classi sociali: dagli alloggi per anziani o single, alle molteplici soluzioni destinate alle coppie o a famiglie allargate con reddito insufficiente per accedere alla tradizionale offerta residenziale, il progetto riflette sulle nuove esigenze abitative.
Autonomia e privacy della propria unità si inseriscono nel più ampio proposito di dar vita ad una sorta di comunità, dove la mixitè diventa una risorsa capace di influenzare il tessuto urbano circostante.