“Supertrees”, come sono chiamati dagli stessi architetti e come sono indicati dai cittadini della metropoli asiatica: tronchi e rami pulsanti di sostenibilità ed energia, scheletri di ultima generazione dai quali riverberano specie vegetali e metafore ecologiche.
Le diciotto colossali piante, alte dai 25 ai 50 m, sono disseminate all’interno del parco pubblico che sancisce la dimensione “utopica” della città stato, la sua mirabile gestione a tutti i livelli della questione ambientale: nella loro paradossale costituzione “naturalmente artificiale” aspirano alla fusione perfetta tra le due polarità e riproducono una dimensione innovativa dalle sfumature inedite.
Architettura, ingegneria e botanica caratterizzano l’area di 101 ettari disegnata dai due studi indicati e realizzata a seguito della vittoria del concorso internazionale bandito nel 2006. “Come diventerebbe il mondo se il surriscaldamento globale avesse la meglio, arrivando a modificare le diverse aree bioclimatiche?” La morfologia della vegetazione è riprodotta nella struttura dei super alberi, undici dei quali realizzati esclusivamente con materiali ecosostenibili: costituita da un nucleo in calcestruzzo forato al suo interno al fine di garantire il deflusso dell’aria proveniente dall’impianto geotermico, l’ossatura è rivestita da un’orditura di acciaio alla quale di aggrappano foglie, radici, fiori, destinati ad avviluppare progressivamente l’anima rigida.
Le fronde e la chioma nascondono, nella loro forma simile ad un fungo, la cima dotata di pannelli fotovoltaici, collettori solari, condotti di ventilazione ed un serbatoio di raccolta dell’acqua piovana che scorre all’interno del pilone di cemento sino a defluire nel bacino di raccolta sotterraneo, da dove, come accade nel ciclo naturale, ritorna ad essere utilizzata nel sistema di irrigazione interno e risale verso l’alto.
I Supertrees sono arbusti altamente scenografici, perfettamente visibili nello skyline della metropoli, che producono energia, rilasciano ossigeno, mutano la loro cromia a seconda delle stagioni: perché possano funzionare richiedono il guadagno solare, elemento che risulta indispensabile anche per la progettazione dei due spazi espositivi, la “Flower Dome” – che riproduce le condizioni climatiche mediterranee e quelle delle regioni tropicali – e la “Cloud Forest” – che sintetizza al suo interno le regioni tropicali della giungla. Qui la radiazione solare è ottimizzata mediante l’involucro ad elevate prestazioni – una pelle interamente vetrata sostenuta mediante uno scheletro composto da archi di acciaio verniciato di bianco – che ne garantisce il passaggio al 65% e riduce l’accesso del calore del 35%.
Le infinite sfaccettature della flora, le inesauribili difformità termiche delle regioni del pianeta sono preservate al di sotto delle calotte trasparenti climatizzate, dove è integrato un sistema di ombreggiamento composto da vele triangolari regolabili: la conservazione e la cura degli habitat a rischio è il principio del progetto che diviene esempio internazionale di innovazione tecnologica e ambientale. Dove l’apporto energetico proviene da un impianto a biomassa che restituisce le ceneri della combustione alle piante, diventandone fertilizzante.
Nei “Gardens by the Bay” è racchiusa la città tropicale per eccellenza, raggiungendo un equilibrio che le attuali condizioni ambientali mettono in grave pericolo.
Crediti fotografici: WilkinsonEyre