I due bracci perpendicolari in cui si organizza l’edificio generano un impianto a squadra allineato con un ponte romanico in pietra che attraversa il Masino. Il perentorio volume dell’opera architettonica è definito da solidi muri realizzati con scampoli di granito ghiandone delle cave locali; la pietra a spacco, posta in opera su abbondanti letti di malta, è rifinita a “rasapietra”, secondo una tecnica della valle che prevede la rasatura dei giunti, “tirati”, con gli utensili del muratore, a ricoprire parzialmente le irregolarità e le asperità perimetrali dei massi litici impiegati. Si tratta di un procedimento che protegge la superficie esterna della compagine muraria dall’infiltrazione dell’acqua conferendole una intonazione materica particolare da cui emerge, quasi in filigrana, il reticolo dei giunti di un grigio più chiaro rispetto al plumbeo colore del ghiandone.
L’adozione dell’opera muraria rustica esprime, così, un forte radicamento materiale e culturale al luogo che, tuttavia, non impedisce ai progettisti di ricercare una inedita scrittura compositiva per rispondere alle esigenze costruttive e funzionali dell’oggi.
Crediti fotografici: Filippo Simonetti