La società è uno dei principali player dell’ingegneria italiana, da tre anni nella classifica ENR TOP 225 INTERNAZONAL DESIGN FIRMS, e nel 2017 ha celebrato un importante anniversario. Un periodo di progressiva crescita che l’ha portata a conseguire traguardi significativi: economici, di organico e progettuali.
Oltre 24 milioni di fatturato nel 2016, circa 300 collaboratori in Italia e nel mondo, più di 2.000 progetti (di cui 13 aeroporti e 10 metropolitane) e oltre 1.000 realizzazioni, e poi progetti per 2.000 Km di linee ferroviarie, 1.5000 Km di strade e autostrade, 100 Km di ponti e viadotti, 100 Km di tunnel e gallerie…questi e molti altri i numeri di 3TI Progetti, tra innovazione ed eccellenze tecnologiche, raccontati in questa intervista dal presidente Alfredo Ingletti.
Modulo: Quest’anno avete festeggiato i 20 anni di attività. Come avete vissuto questi 20 anni e cosa vi aspettate dai prossimi 20?
Alfredo Ingletti: Quando io e i miei due colleghi Giovanni Maria Cepparotti e Stefano Luca Possati ci siamo laureati, tra il 1989 e 1991, la situazione del mercato dell’ingegneria era molto diversa da quella attuale: la normativa dell’epoca impediva ancora, sulla base di una legge fascina inopinatamente ancora in vigore, l’esercizio della professione di ingegnere in forma organizzata di società di ingegneria, come era invece possibile in tutto il resto d’Europa e dei paesi industrializzati che fin dagli anni di studi erano stati sempre il nostro punto di riferimento nella prospettiva del futuro impegno professionale. La nostra attività prese dunque avvio in uno studio professionale, nel quale ci incontrammo da neolaureati, e nel quale abbiamo mosso insieme i nostri primi passi. Di lì a poco, peraltro, il terremoto “Mani pulite” sconvolse il mondo delle costruzioni, ma non ci accorgemmo di questo sconvolgimento se non negli anni successivi, quando la ripresa degli investimenti e delle attività ci trovò pronti con la nostra nuova creatura, 3TI Progetti appunto, nata nel 1997 e subito convolta nel progetto della linea AV Milano-Bologna che proprio in quell’anno riprendeva a correre dopo l’interruzione seguita agli scandali. Nel frattempo, avevamo consumato la nostra prima “rivoluzione tecnologica”, passando dal tecnigrafo e dal rapidograf, che avevano accompagnato la nostra carriera universitaria, al computer e ai nuovi software di disegno e di calcolo, riuscendo in molti casi, anche grazie all’uso di tecnologie che, pur se ogni può far sorridere, per l’epoca erano innovative, a vincere nella competizione con studi e professioni di maggiore esperienza e blasone. In questo modo abbiamo maturato grandi esperienze e iniziato a costruire quel gruppo di professionisti che, in questi anni, ci ha accompagnato nel nostro percorso, condividendo i successi, che sono stati tanti, così come aiutandoci a superare le tante difficoltà, che soprattutto in questi ultimi anni hanno accidentato il percorso di tutta l’ingegneria italiana. In tutti questi anni però un principio è sempre stato alla base della nostra azione e dei nostri programmi, ovvero la necessità di mantenere sempre l’indipendenza e la libertà di scelta e di giudizio, per noi presupposto fondamentale per il ruolo del “consulting engineer”. In questo percorso stella polare di sicuro riferimento è stato il modello dello employee owned anglosassone, obiettivo sin dalla costituzione di 3TI del nostro percorso di crescita, ma sicuramente modello di riferimento sin dai banchi di scuola, laddove insieme ai progetti delle grandi società di ingegneria anglosassoni come Arup o Mott Mc Donald studiavamo il loro modello societario, assimilandone i principi e sognando un giorno di poterci confrontare e lavorare con loro! Il fatto di esserci riusciti, dopo oltre trent’anni di costante impegno in questa direzione, è il nostro maggiore orgoglio e soddisfazione, e il premio che mi è stato recentemente della ACE, Associazione delle società di ingegneria inglesi, come European CEO of the Year, per la categoria Medium Firms, corona il costante impegno e la convinzione nel valore inderogabile della qualità del progetto che tutti, nessuno escluso, hanno posto nella quotidiana attività, indipendentemente dal fatto che siano impegnati in prima linea nei cantieri, a progettare nei nostri uffici davanti al computer, nell’attività commerciale o nei servizi generali che garantiscono il corretto funzionamento di una macchina che ha raggiunto un grado di complessità significativo.
In questi nostri primi 20 anni di attività siamo riusciti tutti insieme a portare 3TI a oltrepassare nel 2016 per la prima volta i 25 milioni di euro di fatturato, a completare un percorso di internazionalizzazione che vede ormai oltre il 75% del fatturato sviluppato fuori dal confine domestico (risultato questo certificato dalla presenza, nel 2016 per il terzo anno consecutivo, nella speciale classifica stilata dalla rivista americana ENR, che ordina le prime 225 società di ingegneria mondiali sulla base del fatturato sui mercati internazionali), e ad abbracciare con entusiasmo e con largo anticipo sulla media del mercato la seconda “rivoluzione tecnologica” del nostro percorso, rappresentata dal BIM e da processi di industrializzazione del progetto. La sfida è ora quella di completare questo percorso, consapevoli delle difficoltà di applicazione di un modello come quello dell’employee ownership nel contesto giuridico italiano, molto diverso da quello anglosassone, e in questo senso il premio ricevuto (incidentalmente dalle mani del Managing Director di Mott Mc Donald) è per noi uno stimolo e un punto di partenza per portare la società oltre la nostra prima generazione, garantendone una crescita consapevole ma soprattutto stabile e indipendente. Se in questo percorso riusciremo a dare il nostro piccolo contributo alla crescita dell’ingegneria italiana nel contesto internazionale, dove speriamo risultati come i nostri possano rappresentare la normalità per l’ingegneria italiana, e non un episodio isolato, avremo sicuramente un motivo in più per essere soddisfatti di quello che faremo.
Modulo: Dal 2012 avete virato rotta e puntato all’estero. Cosa ha significato in termini di organizzazione interna? Come vi site preparati a questa inversione?
Alfredo Ingletti: Il 2012 segna per noi uno spartiacque fondamentale, perché si è concretizzato un progetto che potremmo dire era in nuce presente nei nostri programmi sin da quando ragionavamo della possibilità di unirci per formare 3TI Progetti. In un momento in cui infatti i ostri successi nel mercato domestico erano all’apice, abbiamo avuto capacità di traguardare una crisi che non avrebbe avuto breve durata, e abbiamo deciso di investire tutte le risorse che avevamo in questo processo di internazionalizzazione. Da sempre infatti abbiamo guardato al network delle società di ingegneria internazionali, e dei grandi progetti mondiali, come a un obiettivo, per il quale ci siamo pazientemente ma costantemente preparati nei nostri primi 15 anni di attività. In questi anni infatti, pure se la nostra attività era al 100% sviluppata nel mercato domestico, abbiamo intessuto rapporti e relazioni con il mercato mondiale, sempre pensando a noi stessi come parte di un network internazionale di cui in quella prima fase era presenta solo un nodo in Italia, e in particolare a Roma. Abbiamo però costantemente collaborato con società estere, prevalentemente inglesi, aggiudicandoci alcuni tra i più importanti progetti italiani, in particolare infrastrutture, in Joint Venture con grandi società internazionali. Da lì a varcare i confini il passo è stato al tempo stesso breve e infinito, perché trasformare in attività quotidiana un’idea astratta è stato un processo difficile e una grande sfida per la società nel suo complesso, ma anche per ciascuno di noi singolarmente. Ciascuno di noi ha dovuto affrontare le proprie sfide per confrontarsi con l’attitudine a viaggiare, con la padronanza delle lingue, con le diverse culture, ed è stata per tutti una sfida difficile, sia per chi ha preso la valigia ed è partito, sia per chi ha seguito da Roma questo viaggio; non tutti hanno abbracciato questa sfida, ciascuno per motivi personali sempre comprensibili, e questo ha comportato negli anni scorsi anche distacchi a volte dolorosi. Ma essere riusciti a consumare questa “rivoluzione copernicana” in temi brevissimi è il frutto di un pensiero costante, che ci fa dire spesso di essere “nati pronti” per questa trasformazione, e la sicurezza e costanza di applicazione di un principio condiviso ci hanno aiutato in questo percorso. Abbiamo individuato le aree con maggiori potenzialità di sviluppo economico e infrastrutturale, che non erano state colpite dalla crisi e che beneficiavano della propria ricchezza interna rappresentata dalla grande produzione di petrolio e di gas. Lo sbocco naturale di questa analisi strategia è stato il Middle East dove, tra l’altro, la tradizione progettuale e le metodologie di lavoro italiane sono da sempre fortemente apprezzate. Primo coronamento di questo percorso sono i progetti delle metropolitane di Riyadh e Doha, tra i più importanti progetti di infrastrutture di trasporto attualmente in realizzazione nel mondo. Internazionalizzazione e nuove tecnologie (ovvero BIM) per noi hanno significato grande apertura ai nuovi talenti formati dalle Università italiane, così come ai professionisti di altre nazionalità, che condividono un percorso come con noi.
Oggi il nostro organico è formato da professionisti, ingegneri e architetti, provenienti da 20 paesi diversi che parlano 14 lingue differenti, e l’inglese rappresenta ormai la nostra lingua di riferimento, non solo all’estero ma anche in Italia. Per tali ragioni siamo ancora concentrati sull’estero e dopo aver consolidato le nostre posizioni in nazioni più o meno emergenti, che offrono più opportunità e una competizione forse più accessibile, stiamo indirizzando maggiori energie verso paesi a più alto tasso di industrializzazione, seguendo l’esempio delle principali società di costruzioni italiane, che da tempo si stanno impegnando in questo senso. Abbiamo dunque con forza puntato sul progetto francese di ampliamento della mobilità a Parigi denominato “Gran Paris” così come ai grandi progetti dei trafori alpini, Brennero, su cui siamo impegnati, e Lione-Torino, che sarà il grande progetto infrastrutturale italiano del futuro prossimo, così come stiamo muovendo i nostri primi passi nel marcato scandinavo, che sarà obiettivo per i prossimi anni.
Modulo: 3TI Progetti ha superato i duemila progetti, e oltre mille sono le realizzazioni: infrastrutture, ospedali, residenze. Quale settore rappresenta il core business della società?
Alfredo Ingletti: Fin dalla costituzione i nostri interessi e i nostri obiettivi si sono equamente divisi tra buildings e opere infrastrutturali di trasformazione del territorio, delle quali abbiamo esplorato sostanzialmente ogni aspetto, sia muovendoci diacronicamente dagli studi di fattibilità e pianificatori all’assistenza alla costruzione fino al collaudo e oltre, sia sincronicamente, occupandoci di tutte le materie specialistiche, senza esclusioni. Per questo per noi i progetti di infrastrutture di trasporto hanno rappresentato la migliore sintesi di queste due anime, per la compresenza di temi legati all’infrastruttura e di temi legati alla progettazione degli edifici; in questo senso metropolitane, aeroporti, ferrovie, porti, sono il nostro migliore ambito di applicazione, perché in questi contesti possiamo dispiegare le nostre competenze specialistiche e complementari, dalle opere civili agli studi trasportistici, dagli impianti all’ambiente, dalla gestione dei cantieri e della sicurezza, alla pianificazione delle attività di gestione e manutenzione. Se dunque nel 2016 quasi l’80% del nostro fatturato è relativo al settore dei trasporti, quasi la metà è relativo ai cosiddetti “building” perché della metropolitana oltre alle strutture progettiamo anche le stazioni, dell’aeroporto oltre alle piste il terminal, dei porti oltre alle banchine le stazioni marittime.
Questa capacità di muoverci trasversalmente tra le varie discipline ci ha consentito di operare anche nel settore di quelle che chiamiamo infrastrutture sociali (sanità, educazione, cultura, sport, ecc.) e di stringere negli anni proficue alleanze, con grandi società di ingegneria come detto, ma anche con eccellenti studi di architettura, nomi famosi e conosciuti come giovani brillanti ed emergenti, consentendoci da un lato di intervenire in progetti di grande qualità, pur se talvolta di dimensioni minori, dall’altro di confrontarci con il mondo dell’architettura, dal quale tanto abbiamo appreso e con il quale tanto abbiamo in comune.
A questo punto però siamo convinti che, prospetticamente, nei prossimi vent’anni, il settore che più impegnerà l’ingegneria, e verso il quale stiamo dunque orientando lo sviluppo e la ricerca, sarà quello legato all’acqua e alla gestione delle risorse idriche, in tutte le forme in cui si presenta, dall’energia idroelettrica delle dighe alla gestione dei rifiuti dei depuratori, dalla prevenzione dei rischi idrogeologici e delle coste alla salvaguardia della risorsa per la vita dell’uomo e dei suoi insediamenti, per cui siamo sicuri che se questa domanda ci verrà posta tra dieci-quindici anni la risposta sarà il settore dell’acqua e delle energie rinnovabili.
L’intervista completa pubblicata su Modulo 410, Novembre/Dicembre 2017