Modulo: Il progetto di un termovalorizzatore è un'assunzione di responsabilità:
responsabilità architettonica, paesaggistica, territoriale.come ha
affrontato "le responsabilità" in termini di concept progettuale?Si può
attribuire un valore "urbanistico" a un singolo oggetto edilizio, quando si
tratti di un termovalorizzatore?
Claudio Lucchin: In generale gli architetti e gli urbanisti hanno una grande responsabilità, nella misura e nei modi con i quali “segnano” il territorio. Nel caso di una struttura industriali di grandi dimensioni, come quelle del termovalorizzatore, la responsabilità aumenta. La prima ciave di interpretazione è il rispetto nei confronti di chi fruisce e vive intorno alle architetture. Nel caso del termovalorizzatore di Bolzano, l’oggetto edilizio tra autostrada e fiume è isolato, non entra in contatto diretto con un’area urbanizzata. Si tratta di “presentare” responsabilmente la città, di creare una sorta di ingresso qualificante, in grado di valorizzare il territorio, una “prima vetrina” in un contesto delicato, montagne, pendici anche geomorfologicamente in possibile crisi. Sotto il profilo dell’impatto “emotivo”, gli impianti di trattamento rifiuti, sia pure garantiti sotto il profilo della filtrazione, del controllo, della sicurezza non lasciano certo “tranquilli”, indipendentemente dalla necessità dell’installazione. Così per rendere l’edificio più “amichevole”, abbiamo scelto una sagoma biomorfa, “scimmiottando” lo skyline delle Schneeberg, le montagne di Bolzano. E se anche non si legge questa eco-analogia, tuttavia si è forse raggiunto l’obiettivo di creare una struttura che almeno eco-dialogasse con il territorio. L’idea era quella di eliminare il valore negativo percepito intrinseco nell’oggetto termovalorizzatore, visto che si tratta di un impianto che può convivere con la popolazione e gli inquinanti controllati e gestiti sono molto al di sotto della soglia di accettabilità. E quindi il progetto si è orientato proprio all’annullamento del contrasto con il territorio, per rendere appunto più “amichevole” un oggetto industriale che non ha necessariamente connotazioni negative. E’ chairo che un territorio ben conservato e ben gestito implica anche l’integrazione di un termovalorizzatore con una serie di attenzioni ambientali, edilizie e impiantistiche.
Modulo:Gli addetti al termovalorizzatore sono impiegati che impegnano il tempo
del loro lavoro quotidiano in un contesto visualizzato come scarsamente
accogliente. Il suo progetto ha tenuto conto di queste problematiche, oltre
che di quelle più squisitamente tecniche legate ai vincoli strutturali e
impiantistici?
Claudio Lucchin: Partiamo dal principio che gli edifici non sono mai oggetti per “fare marketing”, ma architetture che accolgono esseri umani. Il termovalorizzatore ospita addetti che impegnano la maggior parte del loro tempo diurno nel luogo di lavoro. E visto che già lavorano in un contesto industriale complesso dove i discomfort di varia natura (quello acustico in primis) non sono eliminabili, l’ambiente di lavoro deve essere piacevole almeno come integrazione visiva. Abbiamo creato percorsi diversi per i visitatori, utilizzando il colore come elemento di distinzione. In generale vige il principio che l’educazione delle singole persone può in qualche misura essere influenzata dal contesto di lavoro, nel senso che entrare in un ambiente gradevole può indurre a uno stile di comportamento più rispettoso. Un contesto “aggressivo” per allestimento, incuria, disattenzione del fruitore genererà più facilmente comportamenti negativi.
Modulo:Nel progetto di un termovalorizzatore è necessario prestare un'attenzione
particolare alla scelta dei materiali? Come interagisce il parco impianti
con l'involucro?
Claudio Lucchin: Abbiamo utilizzato molto metallo (acciaio) per le dimensioni e le sollecitazioni alle quali la struttura è sottoposta. Anche i rivestimenti sono in rete metallica. Non mancano certo vetro, cls e policarbonato quest’ultimo materiale leggero, stabile che può essere estruso in grandi dimensioni.
da Modulo 383