Si conclude, dopo 3 settimane di attività, il workshop estivo di architettura W.A.Ve. 2017 “Syria/the making of the future”, dedicato alla ricostruzione della Siria e promosso dall’Università Iuav di Venezia.
Grande successo dell’iniziativa, che ha visto impegnati a immaginare e progettare il futuro della Siria 26 tra professionisti di fama e docenti provenienti da 16 paesi del mondo con oltre 1300 studenti, che si sono confrontati con esperti nei campi della conservazione del patrimonio, dell’architettura e del progetto urbano, dell’emergenza umanitaria e della cultura mediorientale, molti dei quali dalla Siria e attivi in rinomati studi internazionali.
Secondo Nasser Rabbat, direttore del programma Aga Khan del MIT di Boston, tra gli ospiti di rilievo internazionale all’appuntamento veneziano, “il workshop è stata la più grande manifestazione pro Siria dall’inizio della guerra”.
“Il progetto - dichiara il rettore Alberto Ferlenga - conferma l’attenzione dell’ateneo veneziano verso le criticità del mondo e vuole essere preludio ad un intervento attivo, di ricostruzione, che sarà possibile al termine del conflitto”.
Periferie interamente distrutte, luoghi archeologici come Palmyra che hanno mantenuto gli impianti originari, spazi da tornare a fruire anche dal punto di vista turistico. “Ci siamo presi carico di questo tema perché l’università Iuav ha lavorato molto sui temi della ricostruzione - ribadisce il rettore - Iuav come scuola è intervenuto nello studio del Vajont all’inizio degli anni ’60 e anche parte della ricostruzione del Friuli, come ad esempio Venzone, è stata fatta qui.”
Con l’occasione del workshop, l’Università Iuav ha stretto alleanza con alcune organizzazioni internazionali, grazie anche alla presenza di Abdullah Dardari, senior advisor per la ricostruzione per la Word Bank ed ex ministro in Siria, interessato a discutere con l’ateneo veneziano su possibili collaborazioni sui temi della ricostruzione nel Nord Africa e nel Middle East anche con attenzione ai temi della sostenibilità ambientale.
Con UN ESCWA, agenzia per la ricostruzione, intanto è già stato firmato un protocollo d’intesa che ha portato ad incontri in Libano.
Sono stati premiati i progetti migliori elaborati dagli studenti, selezionati da una giuria internazionale presieduta da Farrokh Derakshani – il direttore dell’Aga Khan Award for Architecture – e composta da Abdullah Dardari, Senior Advisor per la ricostruzione per la World Bank, Nohad Haj Salih, direttore di I-Barbon main sponsor dell’evento, Federico Cinquepalmi, esperto nazionale del MIUR, Carmen Andriani dell’Università di Genova, Philippe Chite di UN ESCWA e il prof. Benno Albrecht, direttore della Scuola di Dottorato Iuav.
Sono 26 le aree di studio su cui si sono focalizzate le proposte degli studenti: si va dalla ricostruzione di intere parti di città, a quella di quartieri ad Aleppo o Damasco.
"Non ci sono progetti di massiccia ricostruzione, nella consapevolezza che spesso hanno fatto più danni che altro. In molti casi - ha detto il rettore - interventi leggeri che recuperano parchi, spazi pubblici, ricostruendo la socialità e l’identità anche con la collaborazione della comunità. La stessa popolazione può essere fornita di modelli di architettura da gestire anche alla scala della singola famiglia e comunità. Giovani architetti come registi di processi che coinvolgono le popolazioni - ha proseguito il rettore - un modello diverso dalla massiccia ricostruzione affidata a governi che generalmente porta a risultati dopo 20-30 anni, spesso superati rispetto alle modalità con cui si vive in seguito la città”.