Una legge “buona negli intenti” quella varata dalla Regione
Toscana per il recupero degli edifici abbandonati delle aree rurali. Ma con un
approccio parziale al tema del recupero del patrimonio edilizio rurale e alcuni discutibili
criteri che di fatto tagliano fuori dal provvedimento la maggior parte delle strutture,
rendendolo applicabile solo a pochi casi.
Muove da queste premesse la richiesta della Rete toscana delle professioni tecniche
e scientifiche di rivedere le "Disposizioni per il recupero del patrimonio edilizio
esistente situato nel territorio rurale. Modifiche alla legge regionale 10 novembre
2014, n.65 (Norme per il governo del territorio)" approvate pochi giorni fa dal Consiglio
regionale della Toscana.
“La legge – spiegano i professionisti - riguarda fabbricati totalmente abbandonati e che
non abbiano contratti di fornitura dell'energia elettrica da almeno cinque anni, sono
esclusi gli immobili sui quali sia stata presentata domanda di condono nel 1985 o che
siano sottoposti a restauro dai regolamenti comunali”. Tali criteri, secondo la Rete, non
tengono in considerazione l'effettiva situazione del patrimonio edilizio rurale e delle aree
rurali toscane, che è assai più complessa e variegata. Il campo di applicazione della
norma è assai limitato dall'adozione di criteri, quale la presenza o meno di un
contratto di fornitura di energia elettrica, incomprensibili sotto il profilo urbanistico
e che rischiano di creare un discrimine tra proprietari difficile da motivare ai cittadini e alle
imprese che si rivolgeranno ai professionisti.
La norma in sostanza non sarà applicabile a quella larga parte del patrimonio
edilizio rurale che versa in condizioni di sottoutilizzo e semi abbandono. “I loro
proprietari – dicono i professionisti della Rete -, per aver mantenuto almeno un minimo
presidio dell'immobile o del fondo agricolo collegato, quale è un contratto di fornitura di
energia elettrica necessario ad esempio per il solo utilizzo di un pozzo, saranno
penalizzati rispetto a chi gli ha completamente abbandonati”.
Inoltre, molto di questo patrimonio edilizio costituisce tratto fondante dell'identità del
territorio regionale, pertanto i Comuni hanno correttamente previsto il loro restauro, ma
secondo i professionisti della Rete ciò non significa che su di essi non si possa
intervenire anche con ampliamenti, se necessari e se correttamente progettati. Così
come appare sproporzionato escludere chi, ormai 30 anni fa, ha condonato semplici
modifiche interne od elementi secondari della costruzione, equiparandolo a chi ha
condonato un edificio interamente abusivo.
La Rete fa inoltre notare come la concessione di bonus volumetrici non sia l'unica
leva possibile per stimolare il recupero del patrimonio edilizio rurale e che spesso
non si riveli una misura efficace, soprattutto in zone caratterizzate da bassi valori
immobiliari dove sono più frequenti anche i fenomeni di abbandono.
Il vero rischio è quindi di vedere vanificati gli obiettivi enunciati dalla Legge stessa
e conseguentemente di non raggiungere l’auspicata valorizzazione del territorio rurale e
del suo patrimonio edilizio, il cui mantenimento costituisce presidio essenziale per il
contrasto ai fenomeni di degrado idrogeologico, ormai quasi ovunque irreversibili, e per
la tutela dell'identità culturale e paesaggistica dei nostri territori.
Da qui la richiesta di una revisione delle disposizioni in materia. “Siamo totalmente
d'accordo con la Regione nel dire che non è più tempo di espansioni indiscriminate delle
aree urbanizzate e che è giunto il tempo per una grande opera di restauro e messa in
sicurezza del territorio e di riqualificazione delle nostre città, come sancito dalla legge
Regionale 65 del 2014. In quest'ottica – dicono i rappresentanti della Rete - il recupero
del patrimonio edilizio rurale esistente e il recupero dei territori rurali abbandonati è una
scelta strategica che va perseguita con convinzione e determinazione, favorendo il
recupero di tutti gli edifici esistenti nelle aree rurali siano essi abbandonati, sottoutilizzati
o in precarie condizioni statiche”.
Secondo i professionisti, occorre un approccio più approfondito sul tema orientato ad
abbattere il costo occulto di iter autorizzativi lunghi e contraddittori, a superare gli ingenti
oneri urbanistici che gravano sul recupero degli edifici e a stimolare, con forme di
sovvenzionamento, gli interventi che incidano positivamente su rischio sismico e
idrogeologico, efficienza energetica e rispetto delle risorse ambientali. “Chiediamo
pertanto – dicono - che si apra il confronto per l'adozione di provvedimenti che affrontino
il tema nella sua interezza e che siano caratterizzati da una strategia di sostenibilità nel
medio e lungo periodo”.
La Rete Toscana delle Professioni Tecniche è una Associazione senza scopo di lucro che
riunisce tutte le Professioni Tecniche Ordinistiche della Regione Toscana e in particolare:
Agronomi e Forestali, Architetti, Chimici, Geologi, Geometri, Ingegneri, Periti Industriali,
Periti Agrari.