Oggi, rispetto al tema dell’accessibilità e del benessere ambientale,
si registra una generale e accresciuta sensibilità, ma occorre investire ancora
molto, anche sul versante culturale, non solo per recuperare il ritardo che si
è registrato nel nostro Paese (sono quarant’anni che si parla di accessibilità
e barriere architettoniche) ma soprattutto per cogliere e valorizzare le nuove
domande che scaturiscono da una maggiore attenzione e sensibilità alla qualità
della vita e alla vivibilità dell’ambiente.
Tuttavia occorre rimarcare come tale compito, derivato da esplicite e
vincolanti disposizioni normative emesse a livello sia nazionale che regionale,
resti ancora molto lontano dalla sensibilità diffusa di amministratori,
tecnici, progettisti e cittadini. Non solo, si assiste spesso a nuove
realizzazioni ancora prive delle minimali caratteristiche di accessibilità.
Il concetto di accessibilità diffusa, basata sulla considerazione che rendere
accessibili spazi e strutture pubbliche non vuol dire solamente abbattere le
barriere architettoniche che impediscono l’accesso ai disabili, ma più
estesamente significa migliorare la fruibilità di tali spazi per chiunque, è
ancora oggi così lontano dalla cultura progettuale nel nostro Paese. Abbiamo
infatti bisogno di una città il meno discriminante possibile, costituita da
cittadini consapevoli di una presenza, largamente rappresentata, di soggetti
anziani, donne e bambini, tutti e tutte portatori di differenti disabilità ma
con pari diritti, quindi una “città tollerante” che ripropone la reciprocità
del rispetto come base del rapporto umano. Questo il messaggio veicolato dal
manuale “Progettare i luoghi senza barriere” di Leris Fantini, edito da
Maggioli, che vuole porsi come guida pratica per i professionisti del
settore.