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30 agosto 2017

One Works, incontro con Leonardo Cavalli e Giulio De Carli

Grazie all’esperienza internazionale che connota la formazione culturale e professionale dei due fondatori, Leonardo Cavalli e Giulio De Carli, ai quali si sono aggiunti nel tempo alla guida della società nelle sue diverse sedi Anwar Mohamed e Gerardo Puente, lo studio ha da subito colto la necessità di operare a livello globale secondo un vero e proprio modello di “multinazionale tascabile”, aprendo quindi sedi guidate con lo stesso approccio della casa madre e con una forte presenza e interazione tra top management.
Modulo: One Works è cresciuta molto in questi ultimi 4 anni, di circa il 300% (70% nel 2016). Attestate questa crescita alla vostra visione internazionale, ma non solo. Quanto è importante per voi questa visione e come siete strutturati a riguardo? 

Giulio De Carli: La visione internazionale è da sempre l’anima del nostro lavoro e lo è diventata ancora di più negli ultimi anni, che coincidono con questa crescita significativa. Parto dalla visione di origine: subito dopo l’università era nata l’idea di costruire una struttura professionale con al centro il progetto in senso molto ampio, che guardasse non solo all’architettura, che a scuola abbiamo seguito con molta passione, ma anche alla pianificazione urbana, all’ingegneria, a tutto il ciclo delle attività che costituiscono la realizzazione di un’opera, dal suo programma alla sua concezione originari fino alla costruzione. Quest’idea ci è costata in termini di relazioni professionali, in quanto colleghi e docenti ci guardavano come “peculiar” (come direbbero gli inglesi), cioè architetti interessanti agli aspetti commerciali della professione, identificati nella definizione di “professionismo”, utilizzata in Italia negli anni Ottanta. 

Leonardo Cavalli: Quando noi eravamo studenti il professionismo era considerato come un’architettura “minore”, che si allontanava dalla purezza della disciplina. 

Giulio De Carli: La radice della nostra visione ha come obiettivo il progetto considerato nella sua interezza, dalla progettazione alla realizzazione. Questa visione ci ha unito e tenuto insieme fino ad ora, ed è stata la linea guida che ha consolidato tutta la nostra attività, diventando ancora più efficace e importante durante la crisi. Dal 2010 tutti siamo stati costretti a guardare in altri mercati e la nostra visione è stata l’anima che ci ha permesso di compiere il passo verso l’estero e costruire un’organizzazione professionale che ha cominciato ad articolarsi in più sedi collegate al cuore milanese, che cresce tanto quanto cresce il network all’estero. Addirittura, adesso diventerà ancora più grande, trasformando la sua vocazione da luogo di produzione a luogo di integrazione di discipline, proprio per servire la rete internazionale delle nostre presene. 

Leonardo Cavalli: Nel 2010 c’è stato un cambio di rotta importante per noi, perché l’estero si è trasformato da opportunità a cera e propria scelta strategica. Questo ha significato anche cambiare il nostro approccio. Mentre un’opportunità è di fatto un modo come un altro per fare un progetto magari con un po’ più di fatica data la lontananza, scegliere di lavorare all’estero in modo strutturato (aprendo la nostra prima sede a Dubai) voleva dire ragionare in termini imprenditoriali, prescindendo dalla specifica opportunità, ma assumendosi dei rischi di natura anche economica. Rispetto a quello che ha detto Giulio, la nostra visione ha sempre avuto due sguardi-: da un lato la disciplina e dall’altro il mercato. Il mercato come captazione delle reali occasioni nel mondo, calibrare sulle nostre capacità e sui nostri desideri professionali, un elemento quest’ultimo per noi fondamentale. Quando Giulio diceva “ci siamo staccati dall’idea che gli architetti parlassero solo con gli architetti”, significa che ci siamo messi all’ascolto, come d’altronde fanno tutte le professioni del mondo, e abbiamo cercato di cogliere quali fossero, all’interno del rumore del mondo, le nostre possibilità di aggiungere qualche nota a quel rumore. Lo stesso vale per il rapporto con l’estero: ad un certo punto abbiamo provato ad ascoltare e abbiamo deciso di compiere la nostra prima mossa a Dubai. 

Modulo: Voi avevate già fato, anche solo all’università, esperienza all’estero, o siete usciti dall’Italia una volta approdati nel mondo del lavoro? 

Leonardo Cavalli: La nostra prima esperienza all’estero è iniziata il giorno dopo la laurea, nel senso letterale del termine, ed ha funzionato anche molto bene. Giulio è andato a Berlino, dove ha iniziato ad occuparsi di infrastrutture, e io sono andato a Londra, in un’epoca in cui nessuno andava né Londra né a Berlino. Poi ovviamente le cose si sono articolate. Andare all’estero significava cogliere uno spirito, che era quello europeo, e allargare lo sguardo. Il rischio, in Italia, era quello di finire nella cerchia di persone, anche molto intelligenti, che discutevano delle cose che non accadevano. Questa è stata fin dall’inizio la nostra visione. Nel 2015, quando abbiamo riscontrato molto successo nell’area del golfo (i due terzi dei lavori all’estero sono li), abbiamo pensato che fosse importante rifocalizzarci sull’Europa; sull’Europa e non solo sull’Italia, perché pensiamo che il nostro Paese, seppur sempre importante e in netta ripresa, non possa esprimere e sostenere da solo la nostra attività considerando la dimensione attuale di quest’ultima. Abbiamo quindi deciso di andare a Londra. A Dubai siamo arrivati quando la c’era la crisi, a Londra con la Brexit…sarà beneaugurante? 

Modulo: Un anno fa, in un’intervista sul numero di Modulo dedicato all’internazionalizzazione affermavate: “Per lavorare all’estero servono dimensioni adeguate. Tra le soluzioni che mitigano il problema della massa critica vi è la partnership con altri studi. Per fortuna gli italiani sanno fare squadra”. Siete ancora dello stesso parere? 

Leonardo Cavalli: Totalmente. Gli italiani non solo sanno fare squadra ma sanno anche lavorare molto e tendenzialmente bene e hanno a cuore quello che fanno. Abbiamo il vantaggio di essere poco procedurali e molto focalizzati sul prodotto e credo che questo sia un grande punto a nostro favore. 

Giulio De Carli: Va aggiunto che se è vero che “Gli italiani sono capaci di fare squadra”, sono anche capaci di danneggiarsi reciprocamente. Verissimo quanto diceva Leonardo sulla capacità di collegare il proprio impegno al risultato. Tutto il mondo anglosassone, per esempio, si muove nel perimetro del contratto, scandendo la giornata lavorativa secondo questo approccio. Al contrario gli italiani, siano piccoli o grandi, organizzatori statali o studi professionali, lavorano per il prodotto finale, anche fino alle 22 e anche la domenica, se necessario. Bisogna cercare di costruire la massa critica in tutta la filiera, dal progettista al produttore di tecnologie, di prodotti, di materiali, insieme alle istituzioni. 

Leonardo Cavalli: Qualcosa sta cambiando, alcune istituzioni che si muovono all’estero oggi sono più attive e attente, dando un sostegno in più rispetto a 10 anni fa. Quello che conta all’estero è anche la scala, perché il mercato internazionale richiede una capacità produttiva e finanziaria che uno studio italiano difficilmente può mettere in campo, al di là della bravura professionale. È come se io fossi un bravo pilota ma non avessi né la patente né l’automobile. Una caratteristica tipica italiana. 

Modulo: In questo vostro processo di crescita, che prevede, l’anno prossimo, un cambio di sede, c’è anche un progetto proprio per contribuire con il vostro know-how e le vostre esperienze a creare la squadra e a mettere a beneficio della filiera tutte le vostre conoscenze. 

Giulio De Carli: Si, stiamo lavorando all’apertura di una nuova sede a Milano, con l’idea di dotare il nostro team di professionisti di uno spazio adeguato, quindi non solo con postazioni di lavoro ma con tutto quello che serve a un ciclo di progetto, aree per il disegno e la modellazione digitale, aree per la costruzione di modelli, ma anche spazi per tutti i nostri consulenti esterni. Abbiamo una rete di consulenti specialisti che sempre di più passano del tempo con noi al tavolo di progetto: dopo anni di pratica abbiamo pensato ad uno spazio per loro ma anche per il cliente, che offra la possibilità di partecipare alla costruzione del progetto non fermandosi sono alla sala riunioni, ma entrando in “cucina” per avvicinarsi al cuore della gestazione. Questo ha una duplice funzione sia per il cliente sia per il team, perché offre la possibilità di uno scambio diretto di opinioni tra cliente, consulenti specialisti e responsabile del progetto. Oltre a questo, abbiamo pensato anche al mondo che sta intorno al progetto e stiamo discutendo con piccole e grandi aziende italiane che lavorano all’estero per creare degli spazi dedicati ai loro prodotti. Secondo noi manca un “incubatore”, in Italia, per evitare la dispersione di energie nell’avvicinare il cliente finale al progetto. Noi, che ormai abbiamo ampiamente superato il 50% del nostro fatturato all’estero, vorremmo che qui a Milano, a casa nostra, ci fosse un luogo capace di unire tutte le parti. Nella nostra nuova sede non mancheranno spazi dedicati alla comunicazione, di dialogo con la comunità, in una città come Milano che sta sempre più guadagnando campo sulla scena europea. 

Leonardo Cavalli: Siccome leggo la parola “tecnologia” tra le keywords di Modulo, vorrei sottolineare che questo nostro progetto da un lato associa allo studio in senso canonico un’idea allargata di compartecipazione di soggetti che appartengono alla filiera, dall’altro il nostro interesse non è solo rivolto alla tecnologia della costruzione, ma anche alla tecnologia del progetto, un elemento sempre più rilevante. Da pochissimo abbiamo attuato una collaborazione con dei colleghi indiani per costituzione di una società che offra servizi di tecnologia di progetto, come per esempio il BIM, l’uso di droni, ecc.…con l’India abbiamo avuto rapporti alterni e complessi, ma ci sembra che questa sia la strada giusta per valorizzare delle competenze a loro riconosciute a livello mondiale. 

Modulo: A proposito di tecnologie, quanto investite in questo settore e nella ricerca di soluzioni all’avanguardia? 

Leonardo Cavalli: Molto. Non in forma strutturata oggi, e questa potrebbe essere un’altra delle cose che accadranno, però lo facciamo attraverso delle collaborazioni, come quella con l’India, con chi riteniamo essere oggi all’avanguardia nella ricerca ma anche ovviamente nell’applicazione. 

Modulo: Altro elemento di crescita è costituito dalle aree di specializzazione: infrastrutture, real estate, retail, master planning. Quali mercati raggiungete con questi progetti e in quali aree siete più competitivi? 

Giulio De Carli: Sicuramente il settore delle infrastrutture è quello dove siamo più forti, e questo si riallaccia alle nostre origini. Abbiamo raccontato prima di come abbiamo messo naso nel settore delle infrastrutture, un campo che gli architetti degli anni 80-90 ritenevano appartenesse solo agli ingegneri. Abbiamo cominciato a notare il perso che l’espansione delle infrastrutture aveva sul mercato: il potenziamento, la capacità dei mezzi di trasporto, l’enorme sviluppo del traffico aereo e il conseguente impatto a terra…quando abbiamo capito che era una crescita, dal punto di vista degli impatti sulla città e sul territorio, non controllata, abbiamo deciso di mettere le mani su quei progetti, ai tempi in cui di architetti su progetti come gli aeroporti non se ne vedevano, a meno che non si trattasse di operazioni “di facciata”. Abbiamo cominciato a chiederci se ci fosse l’opportunità di far integrare le grandi infrastrutture nella città e nel territorio, con un controllo sia ingegneristico sia funzionale. All’aeroporto c’era l’ingegnere specialista della pista, l’ingegnere specialista del terminal, lo specialista degli impianti, ma se si guardava alla somma delle specializzazioni si creava un mostro che aveva ampi spazi di miglioramento, soprattutto nella relazione col territorio. Dagli aeroporti abbiamo poi trasferito le nostre competenze alle metropolitane e poi in generale a tutto il settore. All’estero ha funzionato esattamente questa chiave di lettura, per cui abbiamo proposto un diverso approccio ai nodi di traffico, alle stazioni ferroviarie e metropolitane, ai termina, ecc.…ambiti in cui le grandi multinazionali ingegneristiche anglosassoni focalizzavano l’attenzione sulla singola linea, il singolo tunnel o viadotto, la singola autostrada. 

Leonardo Cavalli: All’estero esistono già realtà, come Grimshaw o Rogers, per fare nomi importanti, che hanno un approccio architettonico più marcato, simile al nostro. Penso che questo sia il nostro vero valore, cioè la capacità di allargare lo sguardo e cogliere la relazione tra le singole cose. Dagli aeroporti ci siamo espansi anche nel settore dei centri commerciali, del retail, in anni in cui in Italia non esisteva ancora quello che oggi il “mercato immobiliare”. Ricordo ancora che visitavamo il MIPIM, frequentato solo dai primi investitori e operatori internazionali, mentre oggi è diventato un appuntamento obbligato anche per gli architetti. Noi guardavamo all’aspetto commerciale della nostra professione all’inglese, nel senso di “architettura costruita nell’ambito di un processo economico”. Abbiamo percepito le vibrazioni di questo settore 22 ani fa, esattamente come avevamo percepito un interesse e un’opportunità nelle infrastrutture. Quella del retail è una storia parallela cresciuta negli anni, poi il mercato del Medio Oriente ci ha permesso di svilupparne più di una contemporaneamente. Oggi la nostra idea è quella di integrare le nostre competenze per avere uno sguardo più ampio su diversi ambiti. Abbiamo vinto recentemente un concorso per un edifico molto importante a Doha, il TEC, che ci sta facendo sperimentare una dimensione diversa rispetto alla nostra abituale. Oggi stiamo cercando di creare una squadra adatta: abbiamo con noi da qualche tempo un nuovo collega, con una storia molto diversa dalla nostra, che ha lavorato precedentemente nello studio Chipperfield. Lui ci sta aiutando a costruire un pezzo di squadra che sia capace di guardare a un mercato che ino ad oggi non avevamo preso realmente in considerazione. 

L’intervista completa pubblicata su modulo 408, Luglio/Agosto 2017
Vai alla scheda dello studio di progettazione: ONE WORKS