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10 maggio 2022

MI.C, responsabilità ambientale e rigenerazione urbana: un modello d’esperienza che guarda ad innovazione e nuove socialità relazionali.

Un progetto di disegno urbano, paesaggio ed architettura che punta a rigenerare la polarità multi-sfaccettata di Stazione Centrale.
L’intervento crea un nuovo complesso architettonico che evolverà a nuova vita l’ex Hotel Michelangelo, simbolo dello skyline milanese da più di mezzo secolo. Landmark di una città che cambia, il progetto propone una serie di interventi su piazza Luigi di Savoia, concepiti come legante del suo tessuto urbano che manca di un’identità precisa nonostante la frequentazione forte e dinamica di cui è protagonista l’intera area. Il concept mira alla razionalizzazione dei flussi di spostamento e all’implementazione della pedonalità: il verde diviene attore principale della transizione proposta, sia attraverso la creazione di un giardino ai piedi del nuovo complesso, sia attraverso l’attivazione d’un paesaggio naturale diffuso. Percorsi alberati e giardini urbani ne diventano i nuovi luoghi d’aggregazione sociale e relazionale. Gli stessi servizi esistenti, quali taxi e bike sharing verranno migliorati dall’inserimento di una velostazione ed aree coworking direttamente collegate al nuovo edificio. Sebbene fosse già un’eredità importante per la storia del capoluogo lombardo, i recenti accadimenti hanno visto l’Hotel Michelangelo trasformarsi nel primo centro convalescenza Covid-19 che è stato attivo durante la fase più delicata della pandemia. Uno degli obiettivi progettuali principali è stato quello di conservare concettualmente tale eredità articolata attraverso il riutilizzo virtuoso di parte della materia strutturale dell’edificio preesistente: un processo di decostruzione mirato, in cui la maggior quantità possibile di calcestruzzo dell’Hotel Michelangelo verrà riutilizzato, in parte nel nuovo edificio ed in parte nel disegno dello spazio pubblico. Questo processo inserisce la realizzazione in un concetto di sistema circolare che punta all’impiego di risorse già prodotte, mitiga gli effetti delle emissioni di gas serra e apre al concetto di Urban Mining - la possibilità di ottenere materie prime seconde a partire dall’ambiente costruito. Il nuovo edificio è composto prevalentemente da due torri adiacenti che si sviluppano da un volume in cortina che lega il complesso al suo isolato. Al piano terra l’edificio arretra rispetto al suo massimo sviluppo in altezza, andando a generare un naturale prolungamento della piazza. Un articolato sistema di spazi verdi diversi tra loro che si sviluppa dall’ingresso fino agli spazi comuni in sommità, aumentano la qualità architettonica generale di tutto il sistema. È Una sorta di “spina verde” che, partendo dall’esterno, sale nella hall del piano terra e corre all’interno dell’edificio per assumere, in alcuni punti, una dimensione più rilevante che definisce spazi naturali indoor e outdoor. La facciata rappresenta, tuttavia, l’elemento più dinamico dell’intervento. Essa si adatta e cambia coerentemente con lo sviluppo della vita interna dell’edificio. Il vetro è protagonista: sia come elemento di trasparenza, sia come motivo di composizione, grazie ad elementi a cuspide, parzialmente opachi e parzialmente trasparenti, che mutano la propria inclinazione a mano a mano che acquistano verticalità. In corrispondenza dei piani speciali, quelli in cui la spina verde emerge e si propende verso la città, la facciata si apre, aumentando la propria componente trasparente e svelandone l’elemento naturale contenuto al suo interno. Il risultato è un edificio adattabile che muta e si presenta sempre diverso a seconda delle particolari esperienze di cui si rende protagonista.
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