Per definire come "ristrutturazione" un intervento edilizio è necessaria l'esistenza di un manufatto, che potrà essere demolito e poi ricostruito.
Nella sentenza del Consiglio di Stato si contestava l’annullamento di una DIA legato a un rudere.
“La controversia in oggetto trae origine dalla diversa individuazione della categoria cui ricondurre l’opera soggetta a ristrutturazione.Invero, se da un lato gli appellati ed il giudice di prime cure avevano ritenuto legittima l’attività di ristrutturazione intrapresa in considerazione del fatto che riguardasse un fabbricato storico, oggetto di dichiarazione di interesse particolarmente importante, e che l’articolo 30 del D.Lgs. n. 42/2004 “impone ai proprietari dei beni vincolati un vero e proprio obbligo conservativo e quindi rende necessaria la esecuzione di interventi volti a preservare la conservazione”, dall’altro il comune appellante ha diversamente qualificato l’edificio in questione, considerando un mero rudere.Il Consiglio di Stato adito, dopo aver proceduto ad un accertamento di fatto, ha avallato la posizione assunta dall’appellante e, conseguentemente, ha dichiarato la legittimità dell’atto di annullamento della DIA. Nel caso di specie la distinzione tra interventi di nuova costruzione ed interventi sul patrimonio già esistente assume un ruolo essenziale. Solo in quest’ultimo caso, infatti, si può propriamente parlare di “ristrutturazione”. Pertanto, “stante l’inesistenza di un fabbricato su cui intervenire, appaiono del tutto non condivisibili le affermazioni del primo giudice sulla possibilità della ristrutturazione, in quanto tale intervento è espressamente consentito, anche nella forma della ricostruzione previa demolizione, in presenza di un edificio esistente, circostanza qui non assodata, anzi esclusa dalle prove. […] In secondo luogo, l’inesistenza di un edificio su cui intervenire esclude parimenti la possibilità di una realizzazione di parcheggi ex legge 122 del 1990, visto che la legge ricollega tale facoltà ai soli manufatti esistenti, anzi impone uno stretto vincolo di pertinenzialità, non concepibile in assenza dell’opera principale” .Infine, il Consiglio di Stato ha parimenti ritenuto priva di ogni fondamento l’eccezione di violazione dell’obbligo di motivazione ricordando che quando l’annullamento d’ufficio di un provvedimento abilitativo all’edificazione è dovuto ad un fatto dell’interessato la violazione del pubblico interesse è insita nel mancato rispetto della disciplina urbanistica e non necessita di una specifica motivazione.”
http://www.ildirittoamministrativo.it/ultimissime/?anno=2014
Il Consiglio di Stato ha considerato legittimo il provvedimento di annullamento della Dia emesso dal Comune basandosi sulla considerazione che la costruzione preesistente non sussistesse e, che non si potesse parlare di ricostruzione per l’intervento successivo.