Architettura e generosità, il binomio concettuale, caposaldo degli Atelier(s) Alfonso Femia, si esplicita nella complessa attualizzazione dell’edificio di Caradosso 16.
L’edificio è stato rilevato nel 2018 da Ersel Spa, oggi tra i maggiori gruppi bancari privati in Italia specializzati nel wealth management e realtà unica nel panorama italiano dal 1936 per l’assoluta indipendenza, per la qualità del servizio, per il rapporto diretto e personale con il cliente.
Il progetto ha coinvolto tutto l’edificio: quattro piani fuori terra e quello interrato, una nuova copertura per rendere agibile anche l’ultimo piano, l’innesto di un’area a verde nel cortile interno, la sostituzione degli impianti meccanici e idrici e la creazione di una hall, dimensione generosa che invita alla pausa, all’aggregazione e alla condivisione. Un attento intervento di restauro è stato effettuato sulla facciata di via Caradosso e sulle porzioni originali. Sono stati installati nuovi serramenti di legno ad alte prestazioni, adeguati ai requisiti richiesti per l’efficientamento energetico dell’involucro. Il fronte verso corte è stato aggiornato e le facciate ridefinite con una superfetazione in quota copertura e addizioni per gli elementi di collegamento verticale. Filo rosso dell’intervento è stato la congruenza con l’eredità compositiva di Agnoldomenico Pica attraverso l’interpretazione rispettosa della pulizia formale delle geometrie e la ridefinizione del fronte verso corte, ponte progettuale tra gli anni Venti del Novecento e gli anni Venti del Duemila, senza soluzioni di continuità. L’edificio è stato riqualificato per gli aspetti energetici, sostituendo le chiusure esistenti e applicando un cappotto interno. È stata calcolata la riduzione della superficie lorda (causata dall’applicazione del cappotto) e riconfigurata la distribuzione degli uffici. Attraverso partizioni e controsoffitti in cartongesso è stato ridisegnato il layout dei cinque piani di uffici. Minimi sono stati gli interventi al piano rialzato, spazio storico e identitario dell’edificio, nel quale sono stati conservati lo scalone e le vetrate liberty originali, in ferro battuto di Giovanni Magnoni. Entrando a sinistra, nella hall ridisegnata, una scala elicoidale metallica fa da contrappunto al volume dell’ascensore trasparente con eguale rivestimento metallico.