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19 dicembre 2016

Estero, cartina di tornasole della fragilità italiana: l’opinione di Alfredo Ingletti

La tendenza a operare all’estero ha messo in evidenza i problemi delle società italiane. Non solo quelli dimensionali ma anche le lacune organizzative che lavorando si possono colmare con “italiano ingegno”.
Modulo: Italia all’estero, storia recente e presente… 
Alfredo Ingletti: Le grandi società italiane hanno una tradizione storica di attività all’estero, anche se il mercato nazionale, garantista, non ha creato, negli ultimi vent’anni e fino a 5/6 anni fa, presupposti di urgenza o necessità. La situazione è fortemente e radicalmente mutata dal 2008 e la profonda crisi strutturale ha indotto le imprese a cercare nuovi sbocchi. 
Questa tendenza verso l’estero ha messo in evidenza i problemi delle società italiane. Non solo quelli dimensionali (piccolissime società di progettazione che non hanno alcuna forza competitiva, in termini numerici), ma – e non meno importante – le lacune organizzative. 
Un altro punto fragile nel processo di internazionalizzazione è rappresentato dal legame con i committenti “pubblici” ai quali l’ingegneria è legata storicamente, per esempio Italferr RFI nel settore dei trasporti; Enel, Terna e GSE nel settore elettrico, SOGIN nel nucleare, ANAS o SPEA (autostrade): questa matrice di interlocuzione stabile con il Pubblico ha creato notevoli difficoltà nel momento di approccio verso il mercato estero perché il Cliente pubblico si è trasformato il competitor nelle gare e nelle selezioni internazionali grazie a una leva favorevole data dalla maggior dimensione. In realtà le società di ingegneria italiane possono vantare una forte competitività, riconosciuta sui mercati, sotto il profilo della qualità, ma il limite della dimensione impone spesso di non poter occupare più mercati contemporaneamente. 

Modulo: Quali sono stati gli sforzi organizzativi per adeguarvi a situazioni diverse sotto il profilo gestionale, legislativo, normativo…? 
Alfredo Ingletti: La strategia adottata è stata quella di scegliere dei mercati di destinazione precisi, attraverso un insediamento reale, cioè inviando i nostri manager, aprendo uffici locali. Questo, sia pure a fronte di un significativo investimento iniziale, ha consentito di attivare un network, di conoscere profondamente luoghi e persone e di lavorare adeguatamente, costruendo una reputazione che funziona come credito per l’appalto delle opere a seguire. 

Modulo: Quando le società italiane sono entrate nei mercati con le modalità corrette, senza improvvisazioni e tentativi di saltare i passaggi, i risultati sono stati… 
Alfredo Ingletti: 3TI Progetti ha cominciato a lavorare sul fronte estero nel 2011, partendo da zero. Il fatturato per l’anno successivo è stato del 5%, nel 2013 del 25%, nel 2014 del 40% e quest’anno ci attestiamo al 50%. Abbiamo sviluppato un percorso di crescita che ha compensato le perdite del mercato interno. Per il 2016 prevediamo un ulteriore aumento del fatturato e, purtroppo, ancora una diminuzione di quello nazionale. Questo perché il comparto delle costruzioni e delle infrastrutture, indipendentemente dalle potenzialità di ripresa generale, soffre di un tempo di inerzia, tipico del settore, che non consente di pensare a restituzioni in tempi veloci. 

Modulo: Quanto il portato tecnologico, l’ingegneria italiana, si rileva essere vantaggio competitivo nelle gare d’appalto internazionali? 
Alfredo Ingletti: La qualità dell’ingegneria italiana è un valore innegabile e condiviso. Si parla di “modello anglosassone” ma all’atto pratico il disallineamento tra la realtà professionale italiana e quella inglese o americana è di tipo organizzativo. Non esiste assolutamente una distanza tecnica, anzi il portato nazionale in termini di conoscenza, capacità e flessibilità è vincente. Il tema della valorizzazione delle società non è affatto semplice: l’Italia si rappresenta nel mondo per prodotti in qualche modo immediatamente riconoscibili, moda, cibo, turismo, design, inteso come oggetti, ma non esiste una modalità di rappresentazione del servizio intellettuale, della capacità di fare. I soggetti delegati a promuovere l’Italia nel mondo in termini istituzionali dovrebbero acquistare la consapevolezza del valore del “Fare Progetto”, considerando che a cascata si innesta un meccanismo di coinvolgimento di tutta la filiera correlata. 

Modulo: Governo e Banche: una nota dolente? 
Alfredo Ingletti: Difficili da raggiungere, complessi, ma gli strumenti esistono, spesso non si utilizzano a causa dell’alto livello di complessità che impone una buona organizzazione della società. È necessario delegare per periodi significativi (anche qualche mese) più persone per redigere domande e raccogliere la documentazione adeguata: è evidente come, in questa situazione, entrino in gioco di nuovo le variabili dimensione e organizzazione della struttura. Per quanto riguarda le garanzie di copertura internazionale SACE le fornisce anche con interventi diretti. Gli strumenti ci sono, ma la struttura deve essere in grado di attingere. Sulle banche mi sento invece di dire che si tratta di assenti ingiustificati: spesso manifestano comportamenti particolari, assimilano impropriamente le categorie di appartenenza (se così possiamo definirle, ad esempio, l’immobiliare è in crisi e il sillogismo bancario tipico ritiene che sia scarsamente affidabile anche il Progetto, sia pure in termini extra nazionali). È evidente che esistono eccezioni, in termini generali si tratta di un problema culturale, di dimensione, di organizzazione e di preparazione dei funzionari. 

Modulo: Quali sono i mercati più “opportuni” da investigare e nei quali insediarsi? 
Alfredo Ingletti: Per noi italiani è opportuno andare nei mercati più deboli del nostro, perché non siamo in grado di competere con inglesi e tedeschi…a casa loro. Esistono anche in questo caso delle eccezioni, per esempio in Danimarca, a Copenaghen, nonostante la conclamata eccellenza ingegneristica danese, un progetto è stato assegnato a una società italiana. Sicuramente è più semplice insediarsi dove l’offerta locale è debole, ad esempio in Africa o in alcuni Paesi del Golfo. 

Modulo: Può spiegarmi meglio qual è la distanza, in termini di tempo e di organizzazione strutturale, di pensiero e di professionalità che ancora esiste tra “società italiane di progettazione” e “società italiane di progettazione in grado di operare in un contesto realmente globalizzato”? 
Alfredo Ingletti: Il tema della connessione che si può trasferire nei termini di una comunicazione pervasiva ed efficace ha influito sull’ambito del progetto soprattutto per quanto riguarda i tempi di reazione. Domande e risposte si susseguono senza pause strumentali. Tuttavia, la costruzione ha delle caratteristiche immutabili: il processo di costruzione è lungo e non può essere miniaturizzato, le case, i ponti si costituiscono con premesse, obiettivi e percorsi uguali ai periodi precedenti della storia. Non essendo quello delle costruzioni un settore ad alto tasso evolutivo, anche gli impatti della tecnologia più spinta sono in qualche modo mediati e ridotti. La globalizzazione delle relazioni sicuramente modifica i rapporti e il modo di lavorare, ma il cantiere di un edificio resta un luogo stabilmente installato per la durata del tempo necessario e un ponte deve essere costruito sempre…da una sponda all’altra. Questo senza voler negare il valore e l’importanza della condivisione delle informazioni. 


Pubblicato su Modulo 398
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