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10 aprile 2014

AVIVA STADIUM Confronto con l’Olympiapark di Monaco

Una delle prime e più importanti sperimentazioni riguardanti la realizzazione di involucri trasparenti di copertura caratterizzati da forme curvilinee ed organiche risale al 1972, anno in cui venne inaugurato lo Stadio Olimpico di Monaco. I progettisti Otto Frei e GüntherBehnisch concepirono una struttura dall’andamento fluido che doveva coprire le gradinate dello stadio per poi estendersi su di un’area di circa 75.000 metri quadrati,evocando l’immagine di un vero e proprio paesaggio artificiale.
La copertura trasparente, composta da pannelli rigidi in materiale acrilico,è collegata alla rete di caviin acciaio della tensostruttura attraverso piedistalli in neoprene che permettono di compensarne i movimenti.
La notevole complessità della struttura dimostra, senza dubbio, come fosse possibile, attraverso l’uso di accurati modelli fisici, l’ideazione e ingegnerizzazione di strutture geometricamente complesseanche senza l’utilizzo di sofisticati software per il controllo della forma che, nei primi anni ’70, non erano ancora stati sviluppati.
Il progetto di Frei e Behnisch mostra, quindi, come le tecniche di modellazione parametrica utilizzate e sperimentate per l’Aviva Stadium vadano considerate come uno strumento in grado di rendere il processo progettuale maggiormente efficiente, più checome unamodalità di elaborazione della formache permette la costruzione di geometrie ancora mai sperimentate in architettura.La flessibilità di questi strumenti consente di effettuare modifiche a diversi livelli di avanzamento del progetto senza un eccessivo dispendio di tempo ed energie. Lo strumento digitale non agisce, in questo caso, da generatore di forme ma interviene per facilitare la gestione di scelte progettuali effettuate a priori.
Il metodo parametrico, spogliato dagli eccessi di un approccio ideologico allo strumento digitale in architettura, che lo vedono come l’elemento capace di innescare un cambio di paradigma nella pratica architettonica, rimettendo in discussione il concetto stesso di autorialità dell’opera , (Mario Carpo, The alphabet and the algorithm, MIT Press, 2011) rivela, di fatto, le sue grandi potenzialità come strumento in grado, invece, di incidere in maniera del tutto concreta sul processo di governo della complessità progettuale.

da Modulo 384
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