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25 ottobre 2017

Ascoltare il rumore del mondo. Intervista a One Works

Grazie all’esperienza internazionale che connota la formazione culturale e professionale dei due fondatori, Leonardo Cavalli e Giulio De Carli, ai quali si sono aggiunti nel tempo alla guida della società nelle sue diverse sedi Anwar Mohamed e Gerardo Puente, lo studio ha da subito colto la necessità di operare a livello globale secondo un vero e proprio modello di “multinazionale tascabile”, aprendo quindi sedi guidate con lo stesso approccio della casa madre e con una forte presenza e interazione del top management. Lo raccontano Leonardo Cavalli e Giulio De Carli in un’intervista a cura di Clara Taverna. 

MODULO: One Works è cresciuta molto in questi ultimi 4 anni, di circa il 300% (70% nel 2016). Attestate questa crescita alla vostra visione internazionale, ma non solo. Quanto è importante per voi questa visione e come siete strutturati a riguardo? 
Giulio De Carli: La visione internazionale è da sempre l’anima del nostro lavoro e lo è diventata ancora di più negli ultimi anni, che coincidono con questa crescita significativa. Parto dalla visione di origine: subito dopo l’università era nata l’idea di costruire una struttura professionale con al centro il progetto in senso molto ampio, che guardasse non solo all’architettura, che a scuola abbiamo seguito con molta passione, ma anche alla pianificazione urbanistica, all’ingegneria, a tutto il ciclo delle attività che costituiscono la realizzazione di un’opera, dal suo programma alla sua concezione originaria fino all’estetica. Quest’idea ci è costata in termini di relazioni professionali, in quanto colleghi e docenti ci guardavano come “peculiar” (come direbbero gli inglesi), cioè come architetti interessati agli aspetti commerciali della professione , identificati nella definizione di “professionismo”, utilizzata in Italia negli anni 80. 
Leonardo Cavalli: Quando noi eravamo studenti il professionismo era considerato come un’architettura che aveva la rabbia, che si allontanava dalla purezza della disciplina. 
Giulio De Carli: La radice della nostra visione ha come obiettivo il progetto considerato nella sua interezza, dalla progettazione alla realizzazione. Questa visione ci ha unito e tenuto insieme fino ad ora, ed è stata la linea guida che ha consolidato tutta la nostra attività, diventando ancora più efficace e importante durante la crisi. Dal 2010 tutti siamo stati costretti a guardare in altri mercati e la nostra visione è stata l’anima che ci ha permesso di compiere il passo verso l’esterno e costruire un’organizzazione professionale che ha cominciato ad articolarsi in più sedi collegate al cuore milanese, che cresce tanto quanto cresce il network all’esterno. Addirittura adesso diventerà ancora più grande, trasformando la sua vocazione da luogo di produzione a luogo di integrazione di discipline, proprio per servire la rete internazionale delle nostre presenze.
Leonardo Cavalli: Nel 2010 c’è stato un cambio di rotta importante per noi, perché l’estero si è trasformato da opportunità a vera e propria scelta strategica. Questo ha significato anche cambiare il nostro approccio. Mentre un’opportunità è di fatto un modo come un altro di fare un progetto, magari con un po’ più di fatica data la lontananza, scegliere di lavorare all’estero in modo strutturato (aprendo la nostra prima sede a Dubai) voleva dire ragionare in termini più imprenditoriali, prescindendo dalla specifica opportunità, ma assumendosi dei rischi di natura anche economica. Rispetto a quello che ha detto Giulio, la nostra visione ha sempre avuto due sguardi: da un lato la disciplina e dall’altro il mercato. Il mercato come captazione delle reali occasioni nel mondo, calibrate sulle nostre capacità e sui nostri desideri professionali, un elemento quest’ultimo per noi fondamentale. Quando Giulio diceva “ci siamo staccati dall’idea che gli architetti parlassero solo con gli architetti”, significa che ci siamo messi all’ascolto, come d’altronde fanno tutte le professioni del mondo, e abbiamo cercato di cogliere quali fossero, all’interno del rumore del mondo, le nostre possibilità di aggiungere qualche nota a quel rumore. Lo stesso vale per il rapporto con l’estero: ad un certo punto abbiamo provato ad ascoltare e abbiamo deciso di compiere la nostra prima mossa a Dubai. 

MODULO: Voi avevate già fatto, anche solo all’università, esperienze all’estero, o siete usciti dall’Italia una volta approdati nel mondo del lavoro? 
Leonardo Cavalli: La nostra prima esperienza all’estero è iniziata il giorno dopo la laurea, nel senso letterale del termine, ed ha funzionato anche molto bene. Giulio è andato a Berlino, dove ha iniziato ad occuparsi di infrastrutture, e io sono andato a Londra, in un’epoca in cui nessuno andava né a Londra né a Berlino. Poi ovviamente le cose si sono articolate. Andare all’estero significava cogliere uno spirito, che era quello europeo, e allargare lo sguardo. Il rischio, in Italia, era quello di finire nella cerchia di persone, anche molto intelligenti, che discutevano delle cose senza farle accadere. Questa è stata fin dall’inizio la nostra visione. Nel 2015, quando abbiamo riscontrato molto successo nell’area del golfo (i due terzi dei lavori all’estero sono lì), abbiamo pensato che fosse importante rifocalizzarci sull’Europa; sull’Europa e non solo sull’Italia, perché pensiamo che il nostro Paese non possa esprimere e sostenere la nostra attività considerando la dimensione attuale di quest’ultima. Abbiamo quindi deciso di andare a Londra. A Dubai siamo arrivati quando là c’era la crisi, a Londra con la Brexit… sarà beneaugurante?

Pubblicato su Modulo 408/2017
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