Già da queste indicazioni si comprende come la valutazione della sicurezza sismica di una costruzione esistente debba riferirsi a tre aspetti fondamentali: la rigidezza, la resistenza e la duttilità. Queste proprietà sono tutte ugualmente importanti al punto che il professionista non dovrà mai considerarle scisse e non dovrà mai curarne una a discapito delle altre. Troppo spesso si sentono dichiarazioni del tipo: “La costruzione è crollata perché non era abbastanza elastica”; ebbene, alla luce di quanto detto sopra, è facile convincersi dell’assurdità (e dell’incompetenza) di una tale asserzione.
Progettazione dell’intervento. La prima questione che il progettista generalmente si pone, è se perseguire l’adeguamento o il miglioramento della costruzione. E’ forse superfluo ricordare che l’adeguamento sismico mira a condurre la costruzione ai livelli di sicurezza previsti per le nuove costruzioni; se ciò non è possibile, sia perché l’entità degli interventi sarebbe tale da stravolgere l’impianto strutturale, sia perché le condizioni economiche non lo consentono, è allora opportuno perseguire il miglioramento sismico.
Sono, queste, due diverse scuole di pensiero, entrambe supportate dalla Normativa vigente, la quale però è reticente rispetto ad una conseguenza non trascurabile, ossia: perseguendo il miglioramento – ed è bene che il progettista ne sia pienamente consapevole – si accetta un rischio maggiore per la costruzione in esame.
Questo punto è particolarmente importante: infatti, nel miglioramento, l’azione sismica di riferimento da impiegare nelle verifiche è più bassa; neconsegue che, nel periodo di vita della costruzione, è più alta la probabilità che si abbia un evento sismico più forte di quello per cui essa è stata progettata. Ciò può condurre a maggiori danni se non, addirittura, al collasso della costruzione. Vediamo di capire perché.
Si ricordi che il terremoto è un fenomeno naturale descrivibile solo in termini di probabilità. Il modo in cui la nostra Normativa, prima al mondo, definisce l’azione sismica, è esattamente questo: nel progetto del nuovo o nella verifica dell’esistente, l’intensità del terremoto da usareè quella che ha un’assegnata probabilità di essere superata nel corso di un dato periodo di riferimento. Si capisce quindi come, per definire l’intensità del terremoto, occorrano due dati: la probabilità di superamento e il periodo di riferimento. Più bassa è la probabilità di superamento, più alta sarà l’intensità, poiché i terremoti più intensi sono anche i meno probabili. Più ridotto è il periodo di riferimento, più bassa sarà l’intensità, poiché in archi temporali più brevi i terremoti meno intensi prevalgono in numero rispetto a quelli più intensi.
La probabilità di superamento è in realtà fissata dalla Normativa per ogni livello prestazionale; ad esempio, per lo stato limite di salvaguardia della vita, essa è pari al 10%: questo significa che, progettando un intervento di rafforzamento per quell’intensità, il professionista deve essere consapevole che c’è una probabilità del 10% che, nel periodo di riferimento, si presenti un terremoto di maggiore intensità rispetto a quello impiegato nel progetto. Il 10% rappresenta quindi il rischio accettato dalla Normativa, e quindi dalla collettività, rispetto alla salvaguardia delle vite umane, nel periodo di riferimento.
Fissata quindi la probabilità, occorre definire il periodo di riferimento. Anche in questo caso, la Normativa fornisce una direttiva: per le costruzioni “convenzionali”, esso si ottiene dalla vita nominale, pari ad almeno 50 anni, moltiplicata per un coefficiente che tiene conto della destinazione d’uso e che, per costruzioni di particolare rilevanza strategica, può arrivare fino a raddoppiarla.
Per le costruzioni convenzionali, senza particolare valenza strategica, si ha dunque che il terremoto con cui si esegue il controllo del requisito di salvaguardia della vita è quello che ha una probabilità del 10% di essere superato in intensità in un arco di tempo di 50 anni.
Modulo n.387