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18 marzo 2014

ANTISISMICA: Dall’isolamento sismico alla protezione degli elementi non strutturali

La tecnica dell’isolamento sismico come intervento di protezione delle strutture esistenti è stata completamente sdoganata dalla Normativa attuale, che oggi prevede una sezione interamente dedicata ad essa.
Il concetto è molto semplice: si interpone, fra l’elevazione e la fondazione, un insieme di dispositivi che assorbono gli spostamenti indotti dal terremoto, trasferendo all’edificio sovrastante una porzione minima dell’azione sismica. In tal modo, la costruzione viene ad essere completamente protetta e quindi si riesce a perseguire un pieno adeguamento sismico. Si osservi che, mentre l’obiettivo degli interventi di rafforzamento è di realizzare una costruzione a danneggiamento controllato, nel caso dell’isolamento sismico qualsiasi tipo di danno alle strutture è scongiurato. 
La tecnologia attuale offre diverse soluzioni per i dispositivi di isolamento sismico: sono disponibili sul mercato isolatori di tipo elastomerico, costituiti da lamine di acciaio vulcanizzate con lamine di gomma, isolatori a pendolo ad attrito, oppure isolatori elasto-viscosi. La scelta dell’impiego dell’uno o dell’altro tipo avviene da parte del professionista, in base agli obiettivi che si prefigge in fase di progettazione dell’intervento di adeguamento sismico.

FRP
In questi ultimi anni ha preso molto piede la tecnica di rafforzamento mediante materiali compositi, quali fibre di carbonio, di aramide e di vetro, detti comunemente FRP (FiberReinforcedPolymers). Il documento tecnico emanato dal CNR nel 2005 ha messo un po’ d’ordine in un mercato che andava evolvendo in maniera troppo caotica, fissando regole chiare per produttori, applicatori, utilizzatori e controllori. Il pericolo maggiore in questo periodo è la “mancanza di educazione” nell’impiego di questi materiali. Questi presentano infatti caratteristiche meccaniche di assoluto interesse, ma spesso vengono usati in maniera non corretta, dando luogo ad interventi spesso inutili se non addirittura pericolosi. Attualmente, i materiali compositi possono essere usati con una certa confidenza nei rinforzi per confinamento e per taglio, mentre in quelli per flessione bisogna esercitare una certa cautela, poiché il fenomeno della delaminazione, cioè il distacco del materiale dall’elemento rinforzato, è molto pericoloso e necessita di una perizia particolare da parte del progettista per evitarlo, sia attraverso il calcolo sia attraverso l’applicazione di opportuni dettagli costruttivi.

CAM
Questa è una tecnica che sta avendo una notevole diffusione dopo il terremoto dell’Aquila, ma che in realtà è presente sul mercato da più di un decennio. Si tratta in sostanza di una metodologia di rafforzamento locale e diffuso degli elementi strutturali, sia in cemento armato, che in muratura, basata sull’applicazione di nastri di acciaio inossidabile pretesi, che vengono avvolti attorno ed attraverso l’elemento da rinforzare per essere poi bloccati meccanicamente. Ne scaturisce un efficacissimo reticolo tridimensionale in grado di compattare con una coazione triassiale e di conferire anche ottime caratteristiche di resistenza a trazione. Un aspetto molto interessante riguarda l’applicazione della pretensione nei nastri, che consente di renderli attivi, ovvero immediatamente collaboranti, senza dover necessariamente attendere che l’elemento strutturale si deformi, limitandone quindi significativamente il danneggiamento. L’acronimo CAM sta infatti per Confinamento Attivo dei Manufatti. La tecnica è estremamente valida e consigliabile per il rinforzo dei meccanismi fragili, ma soprattutto dei nodi trave-pilastro delle strutture in cemento armato, dove è possibile letteralmente “impacchettare” il nodo per prevenirne la rottura in condizioni sismiche e comunque per incrementarne la duttilità. Analogamente, è usata nelle strutture in muratura per riammorsare pareti in adiacenza, per migliorare il collegamento fra pareti e solai, per confinare le singole pareti, incrementandone la resistenza. L’esiguo spessore dei nastri (inferiore al millimetro) consente un’agevole “cucitura” del rinforzo su qualsiasi geometria e riduce al massimo l’invasività dell’intervento poiché le dimensioni degli elementi rinforzati non variano e, una volta riapplicata l’intonacatura, l’intervento non è più visibile. Riguardo al comportamento sismico,va notato infine che si riesce ad ottenere un significativo miglioramento strutturale con un incremento di masse praticamente nullo.

Protezione degli elementi non strutturali
Nelle Normative più avanzate si sta iniziando a sollevare la questione della protezione degli elementi non strutturali, quali le tamponature. In molti terremoti del recente passato si è assistito a collassi sensazionali di elementi di tamponatura che, letteralmente esplodendo verso l’esterno, hanno messo a repentaglio la vita delle persone che cercavano scampo all’aperto. E’ noto che le tamponature non sono soggette a calcolo. Il professionista sensibile sa però che, durante un terremoto, la tamponatura esterna di un edificio gioca un doppio ruolo: interagisce col telaio strutturale resistente ed è soggetta ad azioni che tendono a farla ribaltare verso l’esterno. Il primo effetto lo si vede nel piano della tamponatura: il terremoto produce le caratteristiche lesioni “ad X” e non è raro vedere che gli stessi elementi strutturali, quali i pilastri, sono a loro volta danneggiati dall’interazione con la tamponatura. Il secondo effetto lo si vede nei riquadri di tamponatura che sono espulsi verso l’esterno. Il progettista che voglia prevenire questi fenomeni indesiderati, dovrebbe avere a disposizione un sistema di tamponatura che sia sufficientemente flessibile nel piano, sì da evitare le suddette dannose interazioni con travi e pilastri, ma al tempo stesso presenti una resistenza nei confronti delle azioni perpendicolari al suo piano, sì da evitare il pericolo di ribaltamento. 

Modulo n.387