L’esperienza del museo-vissuto nei Sassi di Matera.
Conoscenza integrata e fruizione esperienziale.
Uno dei principali problemi della gestione del patrimonio culturale materiale è la rilevante quantità di opere d’arte, reperti archeologici, storici e demo-etno-antropologici immagazzinata nei depositi dei musei, per la maggior parte non fruibile, soprattutto al grande pubblico, spesso in attesa di essere riscoperta e non esente da problemi conservativi. Si tratta di un patrimonio ‘sommerso’ che cela una dimensione infinitamente maggiore di quanto è esposto.
Affrontare in maniera sistematica e multidisciplinare tali criticità può costituire una straordinaria opportunità di migliorare la fruizione del nostro patrimonio culturale, di promuovere la crescita dei territori e delle comunità, di rendere sostenibile il sistema museale nell’ottica dell’economia culturale circolare, di creare innovazione nella ricerca e nell’industria culturale creativa. Secondo questa prospettiva muta, dunque non solo il concetto di ‘deposito’ ma anche quello, ad esso strettamente correlato, di museo (tradizionalmente inteso come uno statico ‘luogo della memoria’).
Attraverso la convergenza di specialisti e studiosi afferenti a settori disciplinari diversi ma complementari nel campo dei Beni culturali è oggi possibile pensare ad un nuovo paradigma per la gestione degli spazi museali e dei depositi basato sull’interoperabilità di azioni, interrelazione di metodi e tecnologie applicate a distinti scenari operativi come la diagnostica e il monitoraggio, la digitalizzazione e fruizione dinamica del materiale in deposito e la valorizzazione nell’ottica dell’economia culturale circolare.
Il valore dei depositi
I depositi museali costituiscono, al pari dei depositi delle biblioteche e degli archivi, i luoghi della memoria del patrimonio culturale1. Se i musei assicurano la conservazione, l’interpretazione, la valorizzazione del patrimonio naturale e culturale dell’umanità2, i depositi ne sono l’ampliamento naturale, oltre che luoghi di stoccaggio di reperti di difficile gestione e consultazione.
Nella percezione collettiva essi rinviano a luoghi inaccessibili, dove sono celate le testimonianze del nostro patrimonio artistico, archeologico e demo-etno-antropologico.
L’ICCROM stima, al 3.12.2019, che su circa 55.000 musei nel mondo, il 90% del patrimonio si trova in deposito3, non fruibile o difficilmente accessibile. Questo alimenta la percezione che ciò che è invisibile è tendenzialmente di minore rilevanza rispetto a ciò che è esposto.