Per la progettazione degli spazi della cultura serve un complesso lavoro di regia: curatori, progettisti e consulenti scientifici, intervengono insieme, sempre più spesso, in quasi tutte le fasi del processo di ideazione di contenuto e contenitore.
Hanno fatto ormai il giro del mondo le lunghe file di visitatori che si dall’apertura della nuova sede di Starbucks aperta a Milano nello storico Palazzo delle Poste di piazza Cordusio. Un bel palazzo eclettico del 1901 dove per decenni ci si era messi in coda solo per dovere, soltanto se costretti, fosse per saldare una bolletta o dettare, quando ancora serviva, un telegramma.
E che ovviamente nessuno, prima che la catena americana piazzasse un grande e lussureggiante bar – ma pur sempre un bar – in quei vecchi e burocratici 2.300 metri quadrati, aveva mai pensato di frequentare per piacere o per curiosità o persino soltanto per dire “io ci sono stato”.
Volendo riassumere, un pellegrinaggio pieno di devoto entusiasmo per uno spazio commerciale, la ressa per visitare la catena globale del caffè. Si tratta di un genere di file, di code, di pellegrinaggi, che si era fino a poco tempo fa soliti associare soprattutto a certi speciali luoghi di culto museali, a quegli spazi cioè dove l’aura magica di un’opera e di un manufatto o di una collezione unica e inestimabile, sapeva rappresentare un sacro magnete.