Parlare senza ripetere un “già detto e scritto” in versioni multiple,
generaliste e tecniche, del Padiglione Italia è quasi una sfida. Una
sfida a individuare aspetti sottesi del progetto, squisitamente
tecnologici e per questo meno comunicabili e meno appetibili delle
componenti artistiche. Ricordiamo che partiamo dall’evocazione – imposta
dal tema individuato per l’evento – dell’Albero della Vita che si
traduce in una composizione volumetrica e in una texture che conduce
fino alla foresta urbana, una foresta pietrificata al livello terra del
progetto che si alleggerisce mano a mano rivestendo i volumi del vero e
proprio percorso espositivo e delle funzioni ad esso connesse.
Si è
detto come la pelle “ramificata”, evocativa del tema della natura
ritrovata, vuole essere allo stesso tem-po evocazione della rete intesa
come rete sociale e del network, intendendo la comunità come motore di
energia e di vita, legati al tema generale “Nutrire il Pianeta, energia
per la Vita”.
La geometria naturale e ‘disordinata’ della pelle è
appositamente disegnata per l’edificio, ed evoca l’intreccio di rami che
si ritrova in natura o in certe opere di arte informale, tra cui,
quelle affascinanti dell’artista Giuliano Mauri. Ma questo è noto ai
più.
Esaminiamo quanto presentato in occasione del concorso che ha
visto l’aggiudicazione del vincitore lo scorso 19 aprile, punto di
partenza su cui sarà poi impostato il progetto nella versione finale
adesso in fase di elaborazione ma a noi utile per vederlo da un punto di
vista diverso.
Per approfondire cosa c’è ... dietro la pelle del
progetto vincitore oltre che per fare una fotografia di quanto elaborato
per il concorso, abbiamo intervistato Francesco Giovine, Paolo e
Giorgio Rigone, soci dello studio ABeC, consulente per gli aspetti di
facade engineering del Padiglione Italia.