One Works è una società internazionale di progettazione e consulenza che offre un approccio integrato all’architettura, alle infrastrutture e all’ingegneria urbana.
La mission di One Works pone al centro l’esperienza delle persone insieme all’evoluzione tecnologica e agli orizzonti della sostenibilità per agire sulle complesse relazioni fra lo sviluppo urbano, gli spazi di vita e i luoghi di grande concentrazione e scambio.
Fondata nel 2007, la società è attiva con progetti in tutto il mondo – in particolare nei settori della mobilità, del masterplanning, del public e private buildings, del real estate commerciale –, attraverso un team di 200 persone che opera dalla sede centrale di Milano e dagli uffici di Venezia, Roma, Dubai, Londra, Singapore e Bangkok.
"Nel processo costruttivo, tecnologie e prodotti seguono immagini, figure, soluzioni e intelligenze specifiche, una volta perimetrato contesto e scala del progetto. Un edificio è in sé anche un “prodotto”, oltre che un concentrato di tecnologia e di prodotti differenti. In questi termini, la risposta può risultare piuttosto generica, ma forse lo è meno di quanto sembri. Quando per esempio si cita l’aforisma moderno: “accosto due mattoni e ho fatto architettura” si può distogliere l’attenzione da una secolare e specifica tecnologia costruttiva – quella costituita dai mattoni – , sintetizzando l’immagine di due parallelepipedi, accostati per giustapposizione o per affiancamento.
Una retorica che può trasmettere in chi ascolta l’immagine di multiscalarità del design: stiamo parlando di un edificio, di due edifici, o forse di una città? Da qui la risposta inizia a interessare la tecnologia, o la scala di intervento. Ipotizziamo per semplicità che i “due mattoni” siano due edifici.
Come unirli? Sovrapporre o affiancare? Realizzare un edificio sopra l’altro piuttosto che di fianco, così da contenere il consumo di suolo, potrebbe apparire un approccio più sostenibile, sul piano economico o ambientale. Tuttavia, avendo oggi il progetto di edifici dei chiari limiti strutturali rispetto allo sviluppo in altezza, una volta raggiunto il limite di sviluppo in verticale dovremmo pensare, a parità di volumi, di realizzare un edificio dentro l’altro, più introverso, privo di finestre o quasi. A questo punto forse ci interrogheremo sulla sostenibilità sociale del progetto.
Magari, sulla necessità di apporto di luce naturale negli interni, e sugli aspetti positivi che questi garantirebbero agli abitanti (se previsti).
Inizieremmo allora a inserire e dimensionare le aperture, arrestandone la quantità e la grandezza delle superfici fino a quando i dati attesi risulteranno adeguati. A quel punto inizieremo forse a pensare alla necessità di un interruttore, mentre la scelta dell’apparecchio illuminante probabilmente dipenderà dalla destinazione d’uso. Oppure penseremmo all’aria.
O alla luce delle campate del tetto. Naturalmente il processo costruttivo non è sempre così lineare, e ammette ripensamenti e contraddizioni. In questo senso, avere a disposizione un concetto ampio come quello di “sostenibilità” può aiutare a commisurare la grande quantità di informazioni a disposizione, comprese quelle sulla “sostenibilità culturale”. La gestione della grande quantità di dati nel progetto può suggerire di procedere per gradi successivi, addolcendo il processo costruttivo, senza, con ciò, rinunciare alla sua complessità."