Modulo: Il terremoto Emiliano verrà, tra le altre cose, ricordato per i crolli degli edifici industriali; quali sono state secondo lei le principali differenze dall’esperienza de L’Aquila? Le norme in vigore sono state ben applicate?
Alberto Dal Lago: Il terremoto de L’Aquila si è avvicinato al settimo grado della scala Richter ed è stato caratterizzato da una elevata accelerazione di progetto. Le strutture prefabbricate hanno generalmente resistito molto bene e i pochi danni strutturali emersi erano chiaramente dovuti a errori di concezione o di
esecuzione.
La ragione di tale ottimo comportamento va sicuramente attribuita alle norme sismiche che da sempre hanno classificato la zona a elevato rischio
sismico, per cui le strutture prefabbricate erano state tutte progettate con criteri sismici. La caduta invece frequente di pannelli di tamponamento, sempre a L’Aquila, è sicuramente dovuta alla carenza legislativa nell’imporre un
adeguato dimensionamento degli attacchi dei pannelli prefabbricati della
struttura. Infatti la struttura veniva quasi sempre calcolata e progettata con
verifiche sismiche del telaio, indipendentemente dalla presenza di pannelli,
che venivano gestiti dai produttori.
Le normative precedenti a quelle attuali consideravano i pannelli non portanti e quindi non soggetti a verifiche strutturali, senza doverli neppure inserire nella pratica soggetta a controllo del Genio Civile. Tale criticità delle pareti sono state ampliamente discusse e nella normativa di calcolo sismico approvato dopo il sisma de L’Aquila il dimensionamento dei fissaggi è esplicitamente richiesto.
Nulla è stato invece richiesto per l’adeguamento sismico delle strutture preesistenti alle nuove norme e, in particolare, per intervenire su tutti i pannelli prefabbricati gli attacchi non rispondono ai dimensionamenti
richiesti dalle attuali normative.
Il più recente sista nelle zone di Modena/Ferrara con accelerazioni almeno triple di quelle imposte dalla nuova normativa, ha evidenziato una clamorosa carenza di resistenza sismica per strutture costruite in zone che non erano sismiche e che sono divenute sismiche con l’ordinanza del 2003.
Alla cronica inefficienza dei collegamenti dei pannelli alla struttura prefabbricata, si è aggiunto il non accettabile semplice appoggio (carrello) delle travi su pilastro e una verifica al ribaltamento improponibile perché unitamente basata sull’azione del vento.
Con il senno di poi, possiamo individuare come unico colpevole uno Stato che non solo nella nuova classificazione non ha imposto un adeguamento sismico agli edifici esistenti, ma ha addirittura tollerato che edifici con permesso di costruzione non ancora costruiti al momento dell’entrata in vigore della legge potessero anche essere montati senza rispettare le nuove norme sismiche concedendo proroghe fino a due anni.
Modulo: Quali sono secondo lei i principali vantaggi tecnici messi in luce dalla ricerca Safecast condotta da Assobeton?
Alberto Dal Lago: E’ molto
importante riassumere i risultati eccezionali che si sono raggiunti nella
ricerca europea organizzata da Assobeton a cui è stato dato il nome Safecast. A tutti è chiaro come in zona sismica la classica struttura pluriplano prefabbricata
con pilastri monolitici e travi e tegoli incernierati soffra di elevati
spostamenti, è penalizzata da un basso valore di “q” e può rispettare il valore
normativo “Θ” solo con maggiorazioni delle sezioni dei pilastri. Il classico
telaio gettato in opera con i nodi totalmente incastrati vantava da tempo un
miglior comportamento sismico, che si traduceva in un “q” più elevato, in
assenza di pericoli di instabilità e spostamenti molto contenuti.
La ricerca Safecast ha realizzato un edificio su tre piani di 200 mq a
piano montato in semplice appoggio, ma con inserti speciali (Kaptor) che a
montaggio ultimato consentivano di trasformare i nodi in incastro sia tra travi
e pilastri, sia tra travi e tegoli.
L’incastro dimensionato in modo che il momento dovuto ai massimi carichi variabili senza sisma non sia inferiore al momento sismico consente la dissipazione sismica sulle travi e richiede l’applicazione della gerarchia delle resistenze sui pilastri. Riducendo quindi i momenti di incastro si ottiene un telaio che ha le stesse rigidezze del telaio gettato in opera, può avere maglie di maggiore estensione con la compressione, ha meno armatura ai nodi e soprattutto ha la possibilità di scegliere dove e quando realizzare gli incastri, recuperando alla prefabbricazione in zona sismica di una evidente superiorità rispetto alla struttura gettata in opera.