IOSA GHINI ASSOCIATI

Bologna dal 1990.
Massimo Iosa Ghini (Bologna, 1959) è architetto, laureato al Politecnico di Milano.
Dal 1985 partecipa alle avanguardie del design italiano, per il gruppo Bolidismo di cui è fondatore, e fa parte del gruppo Memphis con Ettore Sottsass.
Come architetto la propria evoluzione professionale si svolge nella progettazione di architetture e spazi espositivi, ridefinendo l’interior design identity di un gruppo altamente selezionato di aziende con l’applicazione world-wide a tutte le loro sedi, consociate e punti vendita. I suoi progetti hanno ricevuto importanti riconoscimenti, tra cui il Good Design Award dal Chicago Athenaeum e il Red Dot Award. Ha tenuto conferenze e lectures in varie università, tra le quali il Politecnico di Milano, la Domus Academy, l’Università La Sapienza di Roma, la Scuola Elisava di Barcellona, la Design Fachhochschule di Colonia, Hochschule für Angewandte Kunst di Vienna. Dal 2007 è docente di Industrial Design e Made in Italy all’Alma Graduate School di Bologna. Dal 2008 è Adjunct Professor alla School of Design del Politecnico di Hong Kong. Tra Interior design e architettura si annoverano lo sviluppo worldwide delle catene dei Ferrari Store e dei Kiko Store, l’IBM Software Executive Briefing Center (EBC), la sede Seat Pagine Gialle a Torino e la sede Capital Group a Mosca, Casa Museo Giorgio Morandi, la Stazione metropolitana Kröpcke di Hannover, gli interni e appartamenti in costruzione nell’edificio Brickell Flatiron a Miami e il progetto del People Mover a Bologna.
Attualmente lo Studio spazia a 360 gradi dalla progettazione di architetture, alle installazioni culturali e commerciali, fino catene di negozi tanto che si può tracciare un bilancio di attività caratterizzata da progetti che si distinguono per la sinuosità strutturale non gratuita, dall’analisi della spazialità, dall’autonomia linguistica e dalla preoccupazione tecnico-funzionale, dal controllo stilistico e dall’uso non referenziale della forma iconica.

"Il tema della residenza mi fa pensare a quel modo di abitare “nomade” impresso negli anni settanta dalla cultura radicale fiorentina della No Stop City degli Archizoom che derivava dalle esperienza inglese degli Archigram, ovvero l’idea di un logo abitabile “nomadico”, che da un punto di vista formale risultava estremamente teorico – non si andrà mai ad abitare in una tenda o in un luogo che si sposta – ma che poi, in un certo senso, lo abbiamo recepito diversamente: la nostra casa oggi è un punto fermo ma da dove in realtà usciamo in continuazione per una sorta di “nomadismo elettronico” o virtuale. L’altro spunto, più personale, è legato a che cosa significa progettare una casa per un architetto. Faccio anche il designer, allora per me la casa, nella palette delle possibilità progettuali, è da considerarsi come una “sedia”: ovvero la casa sta all’architetto come la sedia al designer, è il luogo - anche se di sedie e case ce ne sono tante in senso tipologico - dove c’è uno spazio di sperimentazione e di innovazione in cui sei più vicino a chi la utilizzerà.
In epoca di pandemia si pensava ad abitare in case fuori città, cosa che si è verificata parzialmente. Però dal punto di vista tipologico non c’è stato un gran cambiamento, anche se sta prendendo piede una certa ricezione di tutti quelli che sono gli aspetti legati all’integrazione del verde. Tetto verde, terrazzature verdi e balconi sono stati favoriti anche dai regolamenti edilizi. Queste richieste diventeranno aspetti permanenti. Il tetto verde ha delle caratteristiche interessanti anche dal punto di vista tecnico, è super coibente e poi è legato all’adattamento alle condizioni del cambiamento climatico e alla questione dell’impermeabilizzazione dei suoli. Non si può dire “non costruiamo più” bisogna trovare delle modalità per costruire senza impatto, in questo senso il tetto verde che ha una capacità di assorbimento paragonabile a quella del terreno crudo, sarà uno degli elementi architettonici fondamentali. Con il cambiamento del clima ci siamo resi conto che al posto di avere una superficie sul tetto che viene dilavata buttando acqua al di sotto, c’è questa capacità di assorbimento importante simile direi o di poco inferiore a quella del suolo e quindi diventa un elemento quasi obbligato. Questo potrebbe avere anche un impatto tipologico e sull’estetica del residenziale. Prima non veniva considerato per i costi di gestione non indifferenti.
Sempre parlando di tecnologie, funzionano molto bene per mia esperienza quelle legate alla geotermica che permettono una riduzione del 40 per cento del consumo; l’altro elemento che trovo interessante è il pannello solare termico che ha una sua immediata efficacia subito leggibile dall’utente: scalda l’acqua anche d’inverno e su un manometro si vede subito a quanto arriva la temperatura. Un riscaldamento gratuito e privo di emissioni. Poi c’è il tema dell’involucro dell’edificio, tra le varie possibilità io sono più favorevole alle soluzioni massive con la riduzione delle superfici vetrarie che per quanto siano state efficientate con dei vetri a doppia-tripla camera però sono sempre inferiori come taglio termico."
Pubblicato su Modulo 444 - Settembre 2023
Studi di Progettazione