La pelle esterna si carica di valore figurativo attraverso l’uso di cromie, textures, icone. Complice il trasferimento tecnologico di nuovi materiali e la sperimentazione di tecniche tipografiche e di stampa digitale
Nell’epoca della globalizzazione e della multimedialità, l’involucro ha acquisito un ruolo primario nel processo di qualificazione scenografica e tecnologica dell’architettura. Nei diversi periodi storici, la facciata ha assunto significati e funzioni differenti divenendo, di volta in volta limite, confine, rivestimento superficiale, soglia, filtro, diaframma, pelle sensibile e strumento di interazione dinamica tra l’edificio e l’ambiente. In passato, predominava la logica progettuale di tipo conservativo e difensivo. Le spesse pareti perimetrali in laterizio o in pietra costituivano una barriera fisica ed energetica tra lo spazio domestico e la città. La parti opache, dotate di funzioni strutturali, avevano il sopravvento su quelle trasparenti, che dovevano garantire l’illuminazione, l’aerazione e l’igiene dei locali interni. Questa tipologia ha caratterizzato la storia dell’architettura, fino all’avvento dei principi di trasparenza e di dematerializzaione teorizzati dal Movimento Moderno. A partire da questi anni, l’involucro è divenuto sempre più un elemento di connessione dinamica che regola le prestazioni interne in funzione delle condizioni climatiche esterne. La diffusione dei mezzi di comunicazione ha eliminato la barriera inscindibile che si era creata nelle città ottocentesche tra la realtà pubblica e privata. Con la rivoluzione mediatica e digitale, l’involucro edilizio è divenuto uno strumento per caratterizzare l’edificio in modo scenico. Parallelamente, il trasferimento tecnologico di nuovi materiali e la sperimentazione di tecniche tipografiche, di stampa digitale, di simulazione virtuale e di proiezione derivanti dalle arti figurative, dal cinema e dalla televisione, hanno prodotto un forte effetto sul trattamento delle superfici architettoniche.