Milano dal 1990.
Sonia Calzoni con il suo studio Calzoni Architetti in 30 anni di professione ha sviluppato progetti per residenze, uffici, spazi commerciali e per l’intrattenimento, architettura del paesaggio oltre che progetti di conservazione di edifici storici.
Nel 2010 è vincitrice del concorso SEA per l’aeroporto di Malpensa con il progetto “La soglia magica”.
Nel 2015 ha vinto il concorso per la realizzazione all’EUR di Roma del Nuovo Headquarter di TIM. Nel 2021 ha vinto il Concorso Internazionale ‘Novecentopiùcento’ per l’estensione del Museo del ‘900 al Secondo Arengario di piazza del Duomo a Milano.
Tra i lavori completati di recente il CN l’Hub di Comunità Nuova, le residenze di via Silva e di via Monterosa a Milano, mentre sono in corso la realizzazione di importanti complessi residenziali in via Comelico e viale Siracusa e la riqualificazione dell’edificio di Giovanni Muzio in via Albricci, esempio prestigioso dell’architettura del moderno milanese.
È presidente di In-Arch sezione lombarda e dal 2012 al 2018 è stata membro della Commissione del Paesaggio del Comune di Milano. Insegna Progettazione architettonica e urbana della Laurea Magistrale in Architettura al Politecnico di Milano.
L’uomo da sempre abita e la casa è il luogo antropologico per eccellenza dove l’essere umano può interrogarsi sul proprio modo di essere e di prendersi cura di sé. Il progetto di una residenza è per me ancora oggi oggetto di sperimentazione in particolare dopo l’esperienza pandemica e una percepita incertezza sul nostro futuro. Occorrono risposte immediate e rassicuranti che hanno, in molti casi, attivato processi già in atto: possibilità di espansione della casa verso l’esterno laddove le abitazioni si dotano di logge e terrazzi, servizi centralizzati e comuni per una nuova socialità, attenzione e rispetto per l’ambiente e la qualità dell’aria indoor, ma anche unità immobiliari di dimensioni contenute e altamente tecnologiche per facilitare la temporaneità di soggiorno delle nuove generazioni o la trasformazione di attività terziarie divenute obsolete per la diffusione del telelavoro in nuove residenze. Immagino una casa più flessibile: adatta ad un nucleo familiare in mutamento, come la nostra società liquida ha dimostrato, e dove le esigenze di vita, lavoro, scuola possano mutare anche repentinamente.
Da architetto pensando ai possibili modi di abitare e alla città in cui viviamo mi viene da dire che “non vorrei costruire muri”. Non è un paradosso, nonostante il tono provocatorio, ma credo nasconda il profondo desiderio di poter sempre avere uno sguardo “lontano” e aperto verso l’orizzonte. Riguarda la spazialità e la nostra condizione di benessere psico-fisico. Per questo non sono affatto interessata alla costruzione di enclave protette ed inespugnabili o di paradisi per pochi privilegiati, ma piuttosto credo nella possibilità di costruire luoghi protetti ma sempre fruibili, ovvero spazi a misura d’uomo e che favoriscano le relazioni tra le persone. In questo senso la costruzione del piano terra diventa dirimente: non più spazi separati, celati, chiusi ma possibilità di oltrepassare, se non fisicamente, almeno con lo sguardo; così come è straordinariamente importante creare le condizioni per posizionare servizi e luoghi di socialità che colleghino i nuovi complessi residenziali al quartiere. L’attenzione è per una città integrata, luogo di scambio e di relazioni, di contaminazioni a beneficio di tutti: per questo occorre abbandonare la realizzazione di limiti ciechi e impenetrabili giustificandoli con le esigenze di privacy e sicurezza, ma, di fatto, contrari al principio stesso dello sviluppo di una metropoli contemporanea dove lo scambio e l’incontro delle idee stanno alla base della concezione stessa di urbanità.