Milano dal 2008.
Lo studio di architettura Barreca & La Varra nasce nel 2008 a Milano, fondato da Gianandrea Barreca e Giovanni La Varra, già soci fondatori nel 1999 di Boeri Studio con Stefano Boeri.
Nel corso degli anni l’attività professionale dei due architetti ha acquisito rilievo nazionale e internazionale nel campo della progettazione urbana e architettonica, attraverso la partecipazione a concorsi e lo svolgimento di incarichi pubblici e privati per importanti gruppi italiani e stranieri. Lo studio si caratterizza per l’attenzione costante alle nuove tecnologie di costruzione e al loro impiego nella sperimentazione di un linguaggio architettonico e urbano complesso, attento alle mutevoli articolazioni della società contemporanea e alla complessità dei processi economici, sociali e istituzionali che oggi producono la città, il territorio e l’ambiente. All’attività professionale, Gianandrea Barreca e Giovanni La Varra affiancano una intensa attività pubblicistica e legata all’insegnamento.
"L’edilizia sociale, ambito nel quale negli anni recenti abbiamo avuto molteplici occasioni di riflessione, è un implicito esercizio di auto-critica dell’architettura. Lavorando all’edilizia sociale si affrontano temi che riguardano l’economia espressiva e quella materiale, istanze che investono radicalmente i modi di abitare e di usare lo spazio, questioni che proiettano sulla città e sul contesto aspettative e speranze.
Come tutti gli esercizi di auto-critica, va esercitato con rigore e sincerità, pena la sua nullità o, peggio, un effetto mistificante. La nostra esperienza recente ci consente forse di individuare tre temi che, nei prossimi anni, accentreranno l’attenzione del fare edilizia sociale in una condizione di costante mutamento delle forme di abitare. Il primo è una condizione del tutto nuova e per certi versi dirompente. In un’ottica di “riciclo” della città, il progetto dell’edilizia sociale sta, per la prima volta in maniera intensa (se si eccettuano alcune esperienze pilota degli anni Settanta del secolo scorso), riutilizzando edifici esistenti, spesso non residenziali, per realizzare i suoi obiettivi. Uffici dismessi, caserme abbandonate, brani di centri storici degradati; costruire l’abitare sociale è una questione che riguarda la città che c’è e non solo la sua espansione, come è stato per tutto il Novecento. Si tratta di iniettare nella città esistente un progetto di socialità che riconfigura forme e materiali che non sono stati inizialmente pensati per quel tema. E’ una sfida di grande interesse che pone al progetto nuove condizioni e nuove opportunità di sviluppo.
Il secondo è legato al tema della costruzione materiale dell’edilizia sociale. Dopo la fine della stagione degli anni Sessanta del Novecento nella quale le “case popolari” ambivano a essere nuovi manufatti fuori scala e polemicamente distanti dalla città tradizionale, oggi bisogna perseguire un’altra istanza, non più fondata sull’eccesso (il Corviale) o sulla ripresa di un fantomatico genius loci (le Vele o lo Zen), che non neghi la scala minuta della città italiana.
La città, infatti, è incapace di assorbire quei grandi episodi autonomi, ma è invece orientata, nella grana minuta, ad accogliere nuovi manufatti che rinunciano a “scimmiottare” la residenza privata ma che perseguono un’altra estetica, un carattere sobrio e utilitaristico, fondato sulla semplicità costruttiva e di manutenzione.
Il terzo è proiettato a indagare come “vivere insieme”, ovvero qual è il portato sociale dell’abitare sociale. Quali forme e meccanismi possono effettivamente costruire comunità e socialità. Per perseguire questi obiettivi lo strumento è esaltare le forme dello spazio aperto che accompagna gli interventi: dalla loggia al broletto coperto, dal giardino privato allo spazio collettivo, dagli orti condivisi per arrivare allo spazio pubblico vero e proprio, questo caleidoscopio di spazi aperti restituisce una complessità micro-urbana che permette, alla comunità insediata, di individuare quelle differenze spaziali che sono ancora altrettanti differenti forme di socialità potenziale."