Sembra che una trama leghi tutti i lavori di Archicura: è un filo sottile, quasi invisibile, anzi, un’attitudine che Paolo Dellapiana e i suoi collaboratori perseguono costantemente proponendo progetti e risultati ogni volta diversi, imprevedibili.
Il cuore fondamentale delle intenzioni architettoniche, fuoco su cui spostano costantemente la loro attenzione, è l’emozionalità che ogni costruzione può e deve avere nei confronti dei suoi fruitori, chiave del contributo al benessere fisico e psicologico che un edificio dovrebbe sempre trasmettere all’uomo attraverso la sua forma, i materiali che lo costituiscono, la sua funzionalità e il rapporto con l’ambiente in cui si trova. Questo permette allo studio Archicura di non essere incasellati in giudizi categorici, e fa del loro lavoro una questione atipica, poco propizia ai facili proclami, alle “scuole” e alle mode.
Dal 1994 ad oggi, grazie a questa filosofia progettuale, sono stati realizzati molti progetti di varia natura frutto di sperimentazione in tutti i campi della disciplina progettuale esprimendo sempre delicate dichiarazioni poetiche, espressive, chiare e incisive.
Il motto dello studio è: “L’architettura è musica congelata, è come la musica apparirebbe se la si potesse vedere” di J. W. Von Goethe. Questo denota una particolare sensibilità, quasi artistica, nell’approccio alla disciplina, che non è mai monocorde, ma variopinto e poliedrico.
L’idea del ruolo sociale che l’approfondimento architettonico dovrebbe avere è anche alla base della scelta del nome del mio studio (dal 1996) ovvero la possibilità (dovrei dire il compito) di rendere l’esistenza umana migliore, più serena, più intensa. Mi rendo conto, il concetto è un po’ altisonante e forse presuntuoso ma tutti gli architetti, non solo progettisti, sarebbero chiamati ad agire in tal senso. Potrebbe essere stimolante ipotizzare una sorta di giuramento di Ippocrate per gli architetti L’Ospedale Michele e Pietro Ferrero di Verduno, in provincia di Cuneo tra le città di Alba e Bra delle quali riunisce i due vecchi nosocomi, è stato concepito e progettato da un’equipe articolata di cui il nostro studio ha fatto parte con. Il capogruppo di tale equipe era la SCAU, studio parigino condotto al tempo dall’architetto AymericZublena. La loro esperienza è stata quindi determinante nella scelta del modello di concezione della nuova struttura ospedaliera. Le loro ultime realizzazioni (prima fra tutte lHôpitalEuropéen Georges-Pompidou) si basavano tutte su concetti innovativi come:
• la disposizione a piastra favorendo la distribuzione verticale più agevole e rapida rispetto a quella orizzontale tradizionale tipica degli ospedali a padiglioni
• ampia finestratura verso il basso per permettere al paziente sdraiato di poter avere una visione più agevole dell’esterno sia verso l’alto che verso il basso (rendersi conto di essere ancora sulla terra credo possa essere sempre di conforto)
• la migliore comprensibilità dei percorsi con frequentissime zone di incontro, di socializzazione, di respiro umano
• un ingresso “aperto all’uscita” attraverso una grande vetrata che possa permettere a chi ha la sfortuna di dover entrare in ospedale di non sentirsi oppresso, di cogliere il futuro, lenendo la pressione e la sofferenza.
• il posizionamento della struttura in un contesto gradevole come nel nostro caso le pendici delle Langhe, un territorio meraviglioso che non può far altro che giovare alla guarigione.
Questi rimarranno per noi modelli e riferimenti progettuali in ogni futura esperienza, con il doveroso aggiornamento continuo e adattamento che ogni situazione richiederà.
Sia pubbliche (le ASL di riferimento come l’ASL 2 di Cuneo nel caso dell’ospedale di Michele e Pietro Ferrero di Verduno) che private come Fondazioni o altri enti. Al momento la nostra attività si svolge sul territorio nazionale.
"Nel 1998, anno in cui è stato bandito il concorso per l’ospedale di Verduno, si stava facendo strada la nobilissima idea di rendere gli ospedali un posto migliore di quanto lo fossero. L’Ospedale Michele e Pietro Ferrero è stato il capostipite di un nuovo corso chiamato “Ospedale del terzo millennio” avviato dal ministero della sanità, per spostare l’attenzione dalla macchina ospedale all’essere umano che usufruisce della macchina e la fa funzionare; naturalmente il paziente ma in pari misura i visitatori ed il personale sanitario tutto.
Il progetto fu il primo di questo nuovo approccio (anche se poi sono passati più di 20 anni per la sua realizzazione e messa in attività) in cui l’esistenza umana e stata posta al centro del pensiero progettuale, elaborando una serie di accorgimenti compositivi che forse (o per fortuna) oggi possono apparire banali ma al tempo non lo erano. Questa impostazione continua ad oggi, con i dovuti aggiornamenti, ad essere il nostro pensiero progettuale, l’obiettivo da tenere sempre al centro dell’attenzione."