I luoghi del lavoro sono la massima rappresentazione della dignità di ogni individuo in quanto sono gli spazi che più di altri determinano, orientano e condizionano i comportamenti sociali e le relazioni umane.
L’aspetto temporale è solo uno degli elementi fondanti di questo presupposto, se si pensa che la maggior parte del tempo quotidiano viene speso nell’ambiente di lavoro. Tuttavia, ve ne sono altri che traducono meglio questi principi e che sono legati alle attività e alle relazioni che nascono e si sviluppano nei contesti lavorativi, da quelli personali a quelli collettivi.
Certamente il contesto domestico, in termini valoriali, rappresenta il tempo più elevato degli affetti, della famiglia, delle amicizie e delle relazioni consolidate, ma altrettanto lo spazio quotidiano lavorativo è il palcoscenico delle proprie aspirazioni, delle proprie ambizioni professionali e delle proprie realizzazioni nell’ambito sociale, che a volte coincidono con quelli delle proprie passioni.
Il luogo di lavoro rappresenta, in gran parte, lo spazio “subito” e “condiviso” e quindi non ritagliato a propria misura. È per questo che è più articolato e di difficile armonia realizzativa.
In questa visione ci si deve muovere quando da progettisti si pensa ad uno spazio di lavoro.
È infatti la rappresentazione di un organismo produttivo che attraverso lo spazio manifesta la fisicità della propria cultura aziendale e nello stesso tempo è luogo dove una molteplicità di individui con cultura, formazione, esperienze diverse si confrontano e si fondono per dare realizzazione concreta ad un ambito produttivo.
Se, senza dubbio, si sta rilevando una disgregazione e frammentazione del luogo fisico come percepito tradizionalmente, unitamente ad un cambiamento generazionale che porta nuovi ed inediti comportamenti, dall’altra parte vi è il proliferare di luoghi comuni che allontanano dai concetti valoriali che sono alla base di questi cambiamenti e che in breve tempo ne sono diventati slogan e locuzioni a dismisura abusati. Smart working, coworking, ufficio fluido, effetto wow, inclusività, sono solo alcuni termini che recentemente hanno contribuito ad una maggiore curiosità verso gli spazi come risorsa ma ne sono comunque diventati anche elementi di propaganda virale.
Identità, cultura aziendale, visione, senso di appartenenza, racconto, sono invece i valori fondanti di un approccio al progetto che meglio dovrebbe rappresentare la traiettoria contemporanea di un cambiamento senza interruzioni, talvolta più accelerato, ma che non può prescindere dal fatto che le tempistiche di elaborazione di un progetto e di realizzazione sono ben più lunghe degli eventi episodici che molte volte ne condizionano il risultato.
Questi aspetti meglio chiariscono come siano cambiate, negli ultimi anni, le professionalità e le mansioni di coloro che formulano la richiesta e costruiscono i brief di progetto.
Dai facility manager ai responsabili marketing e comunicazione fino ad arrivare alle figure delle risorse umane. Questo significa che le aziende hanno iniziato a comprendere il valore della qualità del lavoro sotto molteplici punti di vista.
È evidente che creare un bel posto dove lavorare ha oggi un impatto sulle scelte dei potenziali candidati e diventa un elemento discriminante nell’attirare le migliori professionalità, tanto più in una traiettoria di lavoro da remoto che, pur migliorando la qualità della vita rispetto agli spostamenti, diviene una lacerazione verso un’idea fisica che rimane uno dei presupposti dello spirito di un’azienda negli obiettivi primari di socialità, solidarietà e organizzazione.
La riflessione finale rimanda ad una considerazione più ampia tramite la quale gli spazi di lavoro stessi, perdendo la loro unicità di destinazione funzionale, si rivestono di una molteplicità di funzioni e ambientazioni che ne demoliscono la differenziazione percettiva. Un po’ spazi ricettivi, un po’ ristorante, un po’ palestra, un po’ casa, un po’ spazi ludici, un po’ teatro. Senz’altro una risposta qualitativa e quantitativa più completa che però cancella, nella traiettoria quotidiana di ogni individuo, l’alternanza di variazione emozionale che ne determina la linfa, in un appiattimento ed omogeneizzazione percettiva. Un tema più complesso che andrebbe confrontato in prospettiva futura con una tendenza delle attuali nuove generazioni sempre alla ricerca di stimoli differenti e continui.
Il settore medicale riveste un’importanza ancor più rilevante nel contesto produttivo del paese in quanto oltre a rappresentare un’eccellenza consolidata si rapporta con un settore, quello sanitario, che più riflette la sensibilità di una collettività sulla qualità di vita complessiva dei propri cittadini.
L’esempio diretto di Amplifon, eccellenza italiana, seppur fondata dall’inglese Charles Holland, ci ha permesso di riscontrare sotto diversi aspetti questa sensibilità di progetto verso i collaboratori dell’azienda. Un’operazione di riqualificazione che partendo dagli ambienti ufficio interni si è poi allargata verso le aree di supporto, coinvolgendo tutti i luoghi di aggregazione interni ed
esterni, che contraddistinguono, nel cuore di Milano, un’eccellenza di spazi che traducono la cultura aziendale della multinazionale.
Arch. Cesare Chichi - Stefano Maestri 967arch