Un articolo recente del New York Times “From Cubicles, Cry dor QuietPierces Office Buzz” raccoglie una serie di ricerche che sfatano la maggior parte delle credenze legate al concetto di open-space. Secondo molti facilitano la comunicazione tra i lavoratori, migliorando sia la collaborazione sia lo scambio di idee. L’open-space inoltre è un concetto che trova ampio spazio nelle concezioni di edificio sostenibile perché l’assenza dei divisori permette la diffusione della luce naturale e la riduzione dei costi.
Quello che però succede, secondo un’indagine condotta da Valtteri Hongisto, ricercatore presso il Berkeley’s Center for the Built Environment, su 65 mila lavoratori di tutti e cinque i continenti, è che l’acustica scadente condiziona il comfort. Il 50% circa degli impiegati si lamenta di essere costretto a lavorare immerso in varietà di rumori e brusii. In più, se si vuole parlare con qualcuno, ci si sente “osservati”. Il problema a dire il vero è già noto a molti progettisti. Ad esempio l’edificio del New York Times prevede delle zone isolate acusticamente dove ritirarsi per i colloqui con i colleghi. Tali spazi sono diversi dalle sale per riunioni, che sono percepite come troppo formali. Una zona di separè, dove ci sia privavy ma non troppo perché comunque si può continuare a vedere gli altri e ad essere visti, sembra essere il compromesso migliore per avere conversazioni private e non disturbare i colleghi.