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17 maggio 2017

Intervista a Fabio Guglielmi: direttore generale SANTANDREA Luxury Houses

Rivoluzione Tipologica 
Abbiamo intrapreso un percorso di lettura e analisi di come si sia evoluto e stia evolvendo il processo nella produzione dell’“architettura”. Nel tratteggiare questo comparto nella sua struttura contemporanea stiamo incontrando protagonisti nei vari ruoli. Paolo Righetti dialoga con Fabio Guglielmi, ragionando su come viene interpretato il ruolo dell’immobiliare in senso generale e soprattutto riferita al lusso e alla fascia alta del mercato, come nel caso di Santandrea.

Paolo Righetti: La prima domanda è come ritieni si possa collocare Santandrea Luxury Houses all’interno del processo che abbiamo tratteggiato, qual è il suo specifico? 
Fabio Guglielmi: Per rispondere è necessario introdurre una minima lettura in prospettiva storica del recente passato. C’è infatti un “prima” e un “dopo”. Prima della crisi ovviamente, quella del 2007 che è partita in America proprio dal comparto immobiliare e un dopo. Prima c’era un mercato nel quale non sbagliava nessuno. Addirittura senza fare niente con il cambio lira euro chi aveva una proprietà si è ritrovato automaticamente aggiornato il valore del proprio bene senza muovere un dito. L’investimento immobiliare fino ad allora non aveva mai comportato una perdita. Se investivi in immobili eri tranquillo che come minimo conservavi attraverso un incremento del valore, anche se minimo costante, il tuo investimento. La domanda c’era e l’offerta era sempre comunque minore della domanda. Il cliente non poteva scegliere, se c’era qualcosa di interessante sul mercato doveva affrettarsi a comperare. Anche il confronto a livello di qualità non era troppo competitivo, perché non serviva differenziarsi troppo con il proprio prodotto che comunque restava sul mercato poco. 

PR: Quello che ci descrivi sembra un mondo lontanissimo. Cosa è successo dopo questa profonda crisi? 
FG: In primo luogo ci siamo tutti dovuti allineare su altri numeri, su altre grandezze. La prima consapevolezza è stata che l’acquirente doveva cominciare a far parte del progetto. Si sono dovute riprendere in mano iniziative che proprio a causa di questa crisi non risultavano più essere “sane”, remunerative, vendibili, spendibili, su un mercato che stava cambiando. Le operazioni cominciavano a confrontarsi con temi nuovi rispetto ai due, il “metro quadro” e la “posizione”, che fino ad allora determinavano quasi automaticamente il valore di una iniziativa. 

PR: Per capirci quindi non basta più essere in centro a una città? 
FG: Prima della crisi era sufficiente essere all’interno di una cerchia (a Milano tipicamente il centro storico). Oggi ci sono zone, come Porta Nuova e Citylife, dove possiamo trovare una nuova offerta di pregio, con valori superiori rispetto alle tradizionali zone del centro storico. Si tratta di una vera e propria rivoluzione. Il mondo del lusso in particolare si è ricollocato, ha cominciato a fare scelte differenti da quelle canoniche. Il valore a metro quadro dipende da una serie di variabili, della casa che si costruisce, della qualità della zona che non necessariamente è correlata alla distanza dal centro, dai vicini di quartiere, dai servizi, dalla relazione con la mobilità e così via. 

PR: Sono, mi sembra di capire, parametri che già si applicavano ma a cambiare è la loro gerarchia e il loro peso specifico. 
FG: E’ così. Pensiamo ad esempio alla differenza di valore a secondo dell’altezza. Oggi abbiamo più frequentemente alloggi al 20° piano, il cui valore è infinitamente maggiore di quelli al terzo! Ovviamente non in tutte la città. E’ illuminante sapere che oggi quando viene quotato un immobile viene dato un valore a ogni singola unità. In questo valore vengono riassunte una serie di qualità che sono specifiche anche a parità di piano, di metratura, di finiture. Il cliente è più preparato e ha molte soluzioni sul mercato fra cui scegliere. Un tempo si vendeva tutto, adesso l’offerta è enormemente più ampia e consente al consumatore di valutare fra più opportunità. 

PR: Quindi quella crisi ha rappresentato un punto di svolta importante. Quali altri fattori ritieni abbiano inciso sul comparto abitativo? 
FG: Un altro aspetto che ha inciso e incide enormemente è legato alle spese che avere una proprietà si porta dietro. Dalle tasse che sono state introdotte agli obblighi, come ad esempio la necessità di produrre delle certificazioni. E poi la necessità di adeguamenti e di manutenzioni che nel passato erano pressoché inesistenti. Inoltre fino a qualche tempo fa la casa acquistava valore in modo certo. Lo aveva sempre fatto, poco o tanto che fosse si rivalutava nel tempo. Da un po’ di anni ci siamo trovati di fronte ad un fatto nuovo, ovvero che la casa talvolta si è addirittura svalutata. Mettendo insieme questi aspetti, costi, possibilità di perdere valore, una enorme crescita dell’offerta sul mercato, abbiamo tutti gli elementi che spiegano quello che è avvenuto negli anni passati, una sorta di “tempesta perfetta” dell’immobiliare.

Pubblicato su Modulo 406, marzo 2017