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25 settembre 2018

Incontro con Aldo Bottini, ingegnere socio amministratore di BMS Progetti

Società multidisciplinare fondata nel 1988, BMS Progetti già dai primi anni ’90 ha iniziato un complesso processo di ampliamento della gamma di professionalità. Oggi la sua organizzazione si articola in tre divisioni specializzate – architettura, strutture, impianti. Situata a Milano, la società svolge la sua attività in tutta Italia e in molto Paese all’estero, con un approccio al progetto integrato e multidisciplinare.
Modulo: Questa stanza è molto curiosa: pareti tappezzate di post-it e lavagne ricche di informazioni. È qui che tenere le riunioni più importanti? 
BMS: No, in realtà qui si tengono gli incontri formativi dedicati principalmente al miglioramento dell’organizzazione aziendale. Stiamo lavorando tantissimo sui meccanismi di funzionamento dell’azienda, in particolare sull’approccio manageriale alla progettazione: l’obiettivo è quello di insegnare ai nostri tecnici e coordinatori di progetto a costruire un know-how competente da project leader, considerando che noi usiamo il termine “project” con la sua vera accezione, quella inglese, che significa attività, commessa e non semplicemente progetto, per il quale gli inglesi usano invece il termine “design”. 

Modulo: Come è organizzata la vostra azienda? 
BMS: BMS Progetti sviluppa il proprio lavoro simultaneamente su due logiche diverse, una verticale e una orizzontale. Su quella verticale si basa il lavoro delle tre divisioni operative – quelle di Structural Design, di Architectural Design e di MEP Design – che sono composte da uno staff di professionisti specializzati, i quali vengono attivati dai project manager e coordinati, in ambito tecnico, dai capi divisione.  
Ogni attività che ci viene affidata attraversa tutte e tre le divisioni in senso orizzontale e nella stessa direzione opera la nostra sezione manageriale, la Direction, che ha appunto il compito di coordinare lo sviluppo del lavoro. Questo è il modo migliore, secondo noi, di garantire qualità omogeneamente distribuita e sempre elevata a tutte le attività che gestiamo, in media 20-25 l’anno. Lo scopo è quello di superare quell’impostazione obsoleta, ormai inadatta al mercato odierno, da studio professionale associato. 

Modulo: Qual è la vostra storia? 
BMS: Noi nasciamo negli anni Ottanta come studio associato di ingegneria che affrontava prevalentemente progetti specialistici di strutture: l’approccio che abbiamo tenuto inizialmente era quindi mono divisionale. Successivamente, durante gli anni Novanta e nei primi anni Duemila, l’esigenza del mercato, insieme alla volontà dei soci, hanno portato ad ampliare lo spettro: da studio professionale a società di progettazione integrata, che includesse anche competenze di ingegneria civile e architettura, nonché un’attività specifica sulla parte impiantistica. 
Lo scopo era quello di allargare il grandangolo, cioè di guardare al progetto nel suo insieme, senza diventare per questo né generici, né superficiali: preferivamo definirci piuttosto multi-specialisti, poiché vantavamo la conoscenza specifica e profonda di ogni settore. Oltre a questo, avevamo la capacità di integrare, cioè di mettere assieme le diverse componenti di un progetto. Oggi vogliamo rendere l’azienda un organismo altamente strutturato, che vada al di là del board dei soci: quello che si deve protrarre è il progetto BMS, una società la cui forza operativa e propositiva è rappresentata dai giovani progettisti del nostro organico, professionisti quarantenni che hanno iniziato la loro carriera qui e che noi vogliamo valorizzare. 

Modulo: Lei quindi sostiene con convinzione che oggi le società di engineering si adattino di più alle progettazioni integrate. Perché? 
BMS: Perché è proprio l’organizzazione aziendale che deve diventare integrata: solo così si è in grado di affrontare al meglio le nuove sfide della progettazione, che oggi si sviluppano all’interno di nuove logiche metodologiche e piattaforme di digitalizzazione del progetto come BIM. 

Modulo: Sul BIM voi avete sviluppato una profonda competenza. Come e quando vi siete accostati a questo nuovo strumento? 
BMS: Abbiamo avuto un primo approccio ante litteram alla fine degli anni Novanta. Già allora avevamo capito che c’era una spinta in quella direzione: lavoravamo parecchio all’estero, principalmente nel mondo arabo, e ci interfacciavamo con i grandi studi di progettazione internazionali, in primis anglosassoni. 
A quell’epoca stavamo affrontando la progettazione della moschea di Abu Dhabi, un lavoro molto difficile, che inizialmente venne impostato in maniera tradizionale. Questo approccio tuttavia si rivelò ben presto inadeguato, perché non risolveva le grosse difficoltà relative all’integrazione tra impianti, struttura e architettura. Quello è stato il momento in cui abbiamo capito che potevamo usare Autocad in maniera più integrata e innovativa. Abbiamo quindi creato un modello tridimensionale in cui sono state implementate moltissime informazioni sulla geometria della cupola e sull’industrializzazione dei componenti: tutte le cupole della moschea furono schematizzate in 3D e divise in pezzi, per segnalare quelli tra quelli erano prefabbricati. È stato un lavoro ciclopico, ma estremamente utile ed efficace: le immagini della realizzazione digitale corrispondevano perfettamente all’edificio reale. A quel punto ci siamo resi conto delle enormi potenzialità di un modello progettuale di questo tipo. Oggi la comunità BIM definisce quella fase embrionale, quasi visionaria, un “BIM Level 0”.  
A questa esperienza sono seguiti dieci anni in cui abbiamo continuato a interfacciarci con lavori di una certa levatura, come quelli di Zaha Hadid, di Gehry, di Foster. Anche loro iniziavano a parametrare i loro progetti con nuovi strumenti come Tecla, Revit o altri programmi 3D molto evoluti, capaci di trattare superfici complesse. Abbiamo quindi sfruttato al massimo il confronto con questi big nel mondo della progettazione per imparare e migliorarci. Il vero momento in cui abbiamo deciso di cambiare il nostro approccio alla progettazione è stato il 2011, quando ci ritrovammo ad affrontare un grosso progetto alla mecca con SOM, lo studi odi progettazione newyorkese tra i più importanti al mondo. Abbiamo avuto la fortuna di doverci adattare ai loro standard, sviluppando l’intero progetto in BIM. Da li abbiamo iniziato una corsa a perdifiato immediatamente sia in hardware sia in maturazione del nostro personale. Oggi abbiamo un programma di formazione e aggiornamento su BIM dedicato a ognuno dei progettisti di BMS. È un piano oneroso, non solo in termini economici, ma anche in termini di tempo, visto che sono ormai quasi quattro anni che investiamo affinché una volta alla settimana si svolgano questi importanti incontri formativi. 

Modulo: Il mondo dei software è quindi in continuo divenire. A quali nuove frontiere state guardando? 
BMS: Il nostro programma di evoluzione prevede di trasferire il BIM dalla fase progettuale alla fase esecutiva, grazie all’uso della piattaforma BIM 360 e allo sviluppo della direzione lavori secondo le logiche BIM. Si sta cercando di capire quali siano gli strumenti indispensabili per fare la direzione lavori e la gestione del cantiere, anche da parte delle imprese di costruzioni. Il mondo dei fornitori sta cercando invece di creare dei moduli prodotti che possano essere integrati e implementati in un modello BIM complesso. 
Oltre questo vi è tutta l’altra parte del collaudo dell’edificio, che riguarda la creazione di tutte le informazioni manutentive per arrivare alla sesta dimensione del BIM: questo permetterebbe di trasferire il lavoro del progettista al cantiere e infine al gestore, colui che scaricherà il modello digitale dal cloud per la gestione dell’immobile. Ciò significa che non ci sarà più bisogno di studiare il disegno del manutentore sul tavolo: un qualsiasi tablet potrà dare al gestore tutte le informazioni necessarie. 


L’intervista completa pubblicata su Modulo 414, Settembre 2018
Vai alla scheda dello studio di progettazione: BMS PROGETTI