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28 maggio 2013

"Architettura Cosciente, Architettura Appropriata": l'interpretazione di Aimaro Isola

“Di solito racconto i miei progetti parlando di cose molto concrete, parlando cioè di pietre, di mattoni, di capriate e di travi, di tetti e di finestre, cioè di quegli oggetti con i quali facciamo le nostre architetture. Mi sento quindi un po’ spiazzato a parlare di “Architettura Cosciente, Architettura Appropriata”. Ma può, veramente, l’architettura avere quella coscienza che, come filosofi e letterati ci hanno insegnato, è propria solo dell’uomo? Può cioè l’architettura avere una coscienza?
Evidentemente no. Ma è anche vero che l’architettura è prodotta dal pensiero e dalla azioni di architetti, sindaci, promotori più o meno coscienti, più spesso incoscienti. Cioè, ho l’impressione (H. Lacoste) che nelle cose, nella materia, nei luoghi, nei paesaggi, nella pietra, nel mattone, nel legno, si incorporano, nel tempo, segni, significati, che lo spirito – cioè il progetto – evoca. Anche i nostri padri, Vitruvio etc., ci hanno detto che l’architetto deve essere un umanista saggio e abile, deve conoscere ciò che fa e, soprattutto, deve essere cosciente. Leon Battista Alberti nel De Architectura prende in giro e condanna la libido aedificandi  degli architetti tarantolati, ma nel Momus, segnala con affetto un architetto vagabondo e un po’ nichilista, contento solo del suo vagabondare, sbeffeggiatore della bellezza e dell’armonia.
Coscienza, dicevano i filosofi e i letterati, è coscienza di noi stessi, voce interiore che ci viene incontro quando guardiamo dall’alto il mondo, le montagne, la città o il mare, cioè quella realtà che oggi è ritornata di moda. Coscienza è voce interiore, propria dell’uomo libero dalle passioni: quindi verità.
Oggi anche sulla veridicità, unità, armonia, del mondo interiore, nutriamo qualche sospetto. Non è tanto il dubbio di Cartesio, il quale forse è troppo sicuro di sé, ma quello di Montaigne fondato sulla saggezza degli epicurei e di Seneca e che ritroviamo negli essais. Montaigne apre ai nostri dubbi, a quelli della post-modernità, al relativismo, ma anche e soprattutto al buon senso e alla tolleranza. Montaigne ammette che i principi e le azioni morali, e quindi la coscienza, sono derivate ed inculcate fin dalla nascita e dall’ambiente sociale e culturale ed infine dai diversi modi di abitare la terra.
Il mattone, la pietra, l’acciaio ed il vetro sono signati, come la nostra coscienza, dalle civiltà che si succedono: quella del marmo, del mattone, del cemento, del vetro e dell’acciaio.
Hume precisa, poi, che la coscienza è la nostra abitazione, frutto delle emozioni che proviamo. Ecco lo shock di Baudelaire che ritroviamo oggi nell’Arte e in molte architetture. Ora tutto deve scioccare. Nell’ “estetizzazione del mondo” l’aura dell’arte, staccata dalla vita, per non far più paura o almeno per non scombussolarci viene esorcizzata e confinata nei musei, nei centri storici, nei libri di storia.
D’altra parte noi, architetti e ingegneri Politecnici, siamo anche e soprattutto un po’ degeneri dell’empirismo logico, per il quale la coscienza si attua e si esaurisce nella conoscenza scientifica e nel progresso. La pietra, il mattone, il legno, sono soltanto quello che è certificato in laboratorio e incasellato nelle tabelle prestazionali. Va a finire che hanno ragione i comportamentisti che, rileggendo i fenomenologhi (Husserl, Jaspers, Sartre – la coscienza in sé e per sé: il progetto ed il nulla), annunciano che la coscienza è soltanto quella cosa che si evidenzia nella prassi cioè nelle pratiche e nei regolamenti edilizi, nei capitolati di appalto, nei bandi di gara, nelle istituzioni, etc.
Se c’è la coscienza c’è anche l’incoscienza. L’inconscio si fa progetto, psicanalisi del profondo; sfugge la consapevolezza di sé e genera mostri: alla fin fine tutto, ogni geometria, ogni struttura, diventa possibile.
La storia della coscienza segue quindi il “disincanta mento” del mondo, la secolarizzazione di M. weber e quella di Blumenberg. Così anche la nostra arte, l’architettura, sembra essere assorbita dalla tecniche che sono la nostra seconda natura, o, al contrario ma paradossalmente e contemporaneamente – l’arte di è ritirata su sé stessa, si è staccata dal mondo della vita e dalla natura. Siamo diventati, come si dice oggi, autoreferenziali e quindi incoscienti.
Improvvisa, ma anche prevedibile, una crisi crudele ha tolto i veli sui quali proiettavamo un paesaggio fittizio, e ci squaderna davanti agli occhi un mondo povero di mondo, mondo che ha perduto il mondo (H. Arendt). Ma ciò che conta, ciò che permane, è forse il residuo, i frammenti rimasti, quelli che avevamo scartato. Forse, proprio da questa crisi, non solo certo finanziaria – l’arte/architettura può ritrovare un proprio ruolo (F. Vercellone) da giocarsi non più soltanto come coscienza intima, privata, ma pubblica. L’Arte, negando la propria morte, e proprio a partire dal suo attuale status, può, oggi più che ieri, produrre
nuove forme di vita, può cioè reincantare il mondo senza violenze e “deificazioni” pagane, senza quei nuovi miti che qui ci hanno condotto. Se nella post-modernità abbiamo decostruito il mondo, occorre - forse oggi - raccoglierne i frammenti, ricomporli in un nuovo paesaggio più amico, più sostenibile, e quindi forse più bello anche se meno opulento. Occorre cioè oggi, ancora una volta, guardare dall’alto i nostri nuovi panorami per ritrovare una coscienza non soltanto individuale ma che tenga conto della comunità di quei beni, che sono non soltanto nostri. Ripensare e tradurre, cioè dare senso, resuscitare quei valori che nel tempo si sono incorporati nel mattone, nella pietra, nelle tecniche del costruire. Ed ancora, pensare alla forza del progetto, a quella dell’“immagine”, che se appare oggi mercificata, prostituita, vilipesa, è anche e soprattutto responsabilità di noi architetti (images malgré tout, Didi Huberman).
Forse questo è il senso di un’architettura cosciente, sostenibile, quindi costruzione dell’essere: il faut tenter de vivre. Forse è proprio questa la scommessa di ogni nostro progetto.

Intervento realizzato da Aimaro Isola in occasione del convegno "Architettura Cosciente, Architettura Appropriata", organizzato da SanMarco Terreal Italia a Venaria Reale il 21 maggio 2013.
Prodotti e tecnologie: TERREAL ITALIA
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